La plastica ha migliorato e allungato la nostra vita: con la plastica si producono
cannule per flebo e contenitori per conservare cibi e bevande al riparo da contaminazioni, si progettano auto e aerei più sicuri, si rendono democratici e alla portata di tutti numerosissimi prodotti, dai vestiti all’arredamento. Ma il rifiuto di plastica ci sta lentamente uccidendo, e lo fa, prima di tutto, soffocando gli oceani. Questo racconta, con lucida precisione, Nicolò Carnimeo in Come è profondo il mare – La plastica, il mercurio, il tritolo e il pesce che mangiamo, libro-inchiesta del 2014, pubblicato dall’editore Chiarelettere.
Carnimeo, scrittore ma anche docente universitario, raccoglie dati e testimonianze, dimostrando quanto il mare, che ci è sempre apparso così lontano, così “altro” da noi e dalle nostre vite ormai diventate terrestri, sia al collasso, riempito di rifiuti che si è preferito dimenticare, sperando che non tornassero mai a riva. Rifiuti che invece tornano, o direttamente, come le paperelle di plastica o le scarpe da ginnastica di cui scrive nella Prima Parte del testo, o attraverso la catena alimentare, come il pesce velenoso, protagonista della Seconda Parte e dell’Appendice.
Il punto di forza del libro: è proprio il tema trattato, o meglio i tre temi: il rifiuto di plastica, la presenza di carichi di tritolo e iprite nascosti in mare e la contaminazione del pesce a causa di mercurio e altre sostanze altamente tossiche. Tre temi che l’autore non solo affronta con la necessaria cognizione di causa, ma soprattutto usando uno stile chiaro e pacato, supportato dalle parole dei testimoni dello scempio del mare. Non servono toni apocalittici per narrare una realtà che tutti possono vedere e conoscere, anche senza arrivare al famigerato Great Pacific Garbage Patch. Basta frequentare una spiaggia libera sulle coste italiane, inoltrarsi per un bosco che non sia un “parco giochi” pettinato ad arte, passeggiare su una strada di campagna fuori dalle rotte della nettezza urbana municipale: troveremo ogni tipo di oggetto di plastica, da quelli usa-e-getta, come bicchieri e cucchiaini, bottigliette e shopper, a quelli diventati immondizia perché rotti, vecchi, inutilizzati.
Perché è un libro da leggere: perché è essenziale rallentare nel consumo di plastica, rendendosi conto che questo materiale, così versatile e dagli indubbi benefici, sta diventando una maledizione a causa l’inquinamento che produce. Bisogna conoscere per cambiare, e il libro di Nicolò Carnimeo è perfetto per iniziare a documentarsi e a capire. Il riciclo della plastica già prodotta, la creazione di materiali sostitutivi, l’utilizzo di materie prime diverse e compatibili con uno sviluppo sostenibile: le possibilità di salvare il mare, e noi stessi, sono numerose, l’importante è cominciare. Ciò che forse manca è una visione macro del problema: da più parti si continua a ripetere che tanti piccoli sforzi individuali possono portare un grande risultato. Che sia vero o meno, ai “piccoli sforzi” deve essere aggiunto un ulteriore impegno, a livello nazionale se non mondiale, sotto forma di leggi, divieti e incentivi, per raggiungere obiettivi ancora maggiori e in minor tempo.
Potete trovare post e articoli di Nicolò Carnimeo sul suo blog su Il Fatto Quotidiano.it.

Camilleri ci sorprende con Esercizi di memoria, una serie di storie raccolte da Isabella Dessalvi “sotto dettatura” dell’autore siciliano e, per tale motivo, scritte in italiano. E in un italiano così scorrevole, forte di una limpida ironia e di una quasi inconsapevole ricercatezza, da non far rimpiangere né il dialetto vigatese, né il famoso commissario.
l’editore italiano, Piemme, ha voluto dare al libro Overdressed della scrittrice e giornalista americana Elizabeth L. Cline. L’idea era quella di richiamare
già scrittrice di racconti per i Gialli Mondadori. Il racconto inizia in un inquietante orfanotrofio in Austria, nel 1978, dove i bambini sono contrassegnati con un numero. Le immagini dell’orfanotrofio ritornano spesso nel racconto, come angoscianti flash back, funzionali al dipanarsi della storia principale. In questa, ambientata ai giorni nostri a Travenì, un immaginario paesino di montagna del Friuli, un
del piccolo protagonista, il micio Toby Jug, ha sicuramente qualcosa di romanzesco. Il narratore é Denis O’Connor, che nel 1966 é un giovane professore all’Alnwick College, nel Northumberland. Trasferitosi per lavoro nel caratteristico Owl Cottage, l’autore ne apprezza la posizione al
libro diventato velocemente molto popolare. Il merito va innanzitutto al titolo, una contraddizione che mette in dubbio gran parte delle certezze sulle cosiddette eccellenze dell’enogastronomia italiana. Ma un titolo azzeccato non è sufficiente a tenere in piedi un libro di centosessanta pagine. A questo ci pensa Alberto Grandi, professore universitario di Storia Economica e di Storia dell’Alimentazione, un autore, quindi, che conosce bene quello di cui sta scrivendo. Pubblicato per Mondadori nel 2018, Denominazione di origine inventata parte da un presupposto molto semplice: in Italia (ma lo stesso discorso vale anche all’estero) i prodotti enogastronomici tipici, esaltati da marchi di tutela, disciplinari, sagre e confraternite, in realtà non esistono. O meglio, sono intelligenti creazioni del marketing, che non hanno più di una quarantina d’anni.
quotidiano inglese “The Guardian” e gattofilo impenitente. Benché sostenga che sono “tante” le cose che non farebbe in nome della gattofilia (vedi pag. 198), in realtà è evidente come egli
riferimenti storici, accurati e circostanziati come solo una
riordino. Un libro, Il magico potere del riordino, che seppur (passatemi la necessaria ripetizione) io abbia letto, non troverete mai su questo sito di recensioni. Fatti il letto poteva quindi restarsene sul suo scaffale, a disposizione di chi sentisse l’impellente necessità di un manuale spiccio per raddrizzare la propria vita. Del resto, nemmeno il sottotitolo si discostava molto da quello di Marie Kondo. Se la Kondo propone “il metodo giapponese che trasforma i vostri spazi e la vostra vita“, l’Ammiraglio William H. McRaven racconta di “piccole cose che cambieranno la tua vita… e forse il mondo“. Ma qualcosa stonava: perché un Ammiraglio doveva invitare a farsi il letto come una qualsiasi mamma che tenti di inculcare un po’ di rispetto e amore per la casa a dei figli indisciplinati?
azzeccate comparse negli ultimi cinque anni sul sito e sulla pagina Facebook
Scritto da Anne Tyler, e pubblicato in Italia per Rizzoli nel 2016, fa parte di un’operazione compiuta dalla casa editrice Hogarth per ricordare i 400 anni dalla morte del più famoso commediografo inglese. A questa “impresa letteraria” partecipano anche Margaret Atwood, che si cimenta con La Tempesta, Tracy Chevalier con Otello, Howard Jacobson con Il mercante di Venezia, Jo Nesbø con Macbeth, Edward St Aubyn con Re Lear e Jeannette Winterson, con Il racconto d’inverno. Kate Battista, sarcastica e disillusa ventinovenne di Baltimora, è la nuova Caterina, mentre Petruccio diventa Pëtr Ščerbačëv, l’assistente russo di suo padre. Da anni il padre di Kate sta conducendo promettenti ricerche sulle malattie autoimmuni. Ormai è ad un passo dalla scoperta che premierà i suoi sforzi e i suoi sacrifici, ma il visto del brillante Pëtr è in scadenza e il giovane ricercatore rischia di dover lasciare gli Stati Uniti. Una soluzione potrebbe essere quella di fargli sposare una ragazza americana, per ottenere così la green card. E Kate appare la candidata ideale.
scritto nei giorni seguenti alle scosse di terremoto che, tra il 24 agosto e il 30 settembre 2016, hanno devastato il Centro Italia. Con lo stile di un reportage, racconta le numerose operazioni di recupero e salvataggio che i volontari dell’ENPA hanno compiuto nei paesi colpiti dal sisma, salvando animali intrappolati dalle macerie, ma anche portando loro cibo e medicinali. Si incontra così il gatto Pietro, sopravvissuto per sedici giorni sotto il crollo della casa che condivideva con la sua padrona, ma anche mucche da allevamento, lasciate sole, senza foraggio né mungitura, perché gli allevatori sono stati costretti a sfollare.






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