Diario semiserio di una beauty victim

Diario semiserio di una beauty victim“Tenere un diario come terapia”: questo è il consiglio che riceve Sabrina, impiegata, di bell’aspetto, una vita sociale divertente e un unico vero vizio: spendere tutto in creme, profumi e prodotti di bellezza. Insomma: una beauty victim!

Ma, iniziato con un intento quasi terapeutico, il diario finisce per raccontare buffe situazioni quotidiane, esilaranti contrattempi, spassosi ricordi d’infanzia, pettegolezzi vari, pareri e speranze, diventando un divertente estratto di vita vissuta.

Tra una maschera per il viso e una manicure, Sabrina, ospite di un virtuale “Maurizio Costanzo Show”, presenta la sue amiche, anch’esse beauty victim, due genitori e un fratello un po’ strampalati, e pure un aitante giovanotto che sembra farle la corte.

Riuscirà Sabrina a sconfiggere la sua “dipendenza”?

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Estratto: dal capitolo 31

“Sono in vacanza, sono in vacanza, sono in vacanza!

Ultimi controlli prima della partenza: la valigia è formalmente completa (a meno di impellenti inserimenti dell’ultimo minuto), i documenti sono in ordine (dal momento che, diversamente da un paio di anni fa, mi sono ricordata di controllare la scadenza della carta d’identità con un discreto anticipo) e pure la mia personcina ha passato l’ultima revisione.

Questa sera, infatti, dopo essere riuscita a chiudere la valigia (al quarto tentativo), ho apportato gli ultimi ritocchi, che hanno interessato, nell’ordine, sopracciglia e piedi.

Non che le mie sopracciglia siano tali da passare per una figlia illegittima di Elio (quello delle Storie Tese, intendo), ma una sfoltitina alleggerisce i tratti del viso e mi fa sentire più in ordine.

E dato che, nonostante i progressi della scienza e della tecnica, il concetto che “per essere belle bisogna soffrire” è valido adesso quanto ai tempi di Cleopatra, correggere la linea delle sopracciglia rimane un procedimento doloroso e oltremodo penoso. Se infatti per le gambe lo strappo di una striscia di ceretta è un concentrato di sofferenza, amplificato, certo, ma, proprio perché concentrato, almeno limitato nel tempo,  togliere uno per uno i duri peletti del viso, in una zona particolarmente sensibile come il contorno occhi, è un tormento infinito. E, aspetto ancor più grave, è un martirio che, autoinflittosi per la prima volta, diventa poi irrinunciabile, quasi che l’estrazione di quei malefici bulbi piliferi provocasse una rovinosa dipendenza.

Si inizia sempre con la rada peluria scomposta sopra il naso, tolta più perché il compagno di classe interista ti ha chiesto se sei parente di Bergomi, che non perché tu ti sia realmente accorta del problema. Poi ti capita in mano una delle riviste femminili di mamma e ti si apre davanti un mondo di stili e forme diverse. Parti con la “naturale e selvaggia” (molto “giovane campagnola, ma chic”), per poi, sull’onda della sfoltitura, approdare al “tondo romantico”, del tipo “delicata giovinetta innamorata”; farsi prendere la mano è facile e, soprattutto, pericoloso, tanto che arrivare all’arco sottilissimo, modello “bambola di porcellana”, è l’ultimo passo prima di giungere alla “rasatura totale” (raccapricciante, e ammissibile solo per qualche rock star dalle facoltà intellettive ormai compromesse).

Per chi non ama le linee tondeggianti, il modello più classico è “ad ala di gabbiano”, raffinato ed elegante, ma con il rischio che un’epilazione troppo aggressiva (l’ho già detto: la pinzetta è come le sirene di Ulisse!) possa accentuare la traccia ascendente ed eliminare quella discendente, con un inquietante “effetto Spock”. 

Come il mio affezionato pubblico potrà intuire, i succitati esperimenti sono stati tutti inesorabilmente tentati dalla sottoscritta, la quale, giunta ormai ad una, almeno anagrafica, parvenza di maturità, è infine approdata ad un compromesso di millimetrica perfezione ed elegante sobrietà. Sobrietà che comunque non mi esime da una periodica manutenzione, soprattutto in vista di eventi importanti come la partenza per le vacanze.”