Come vento cucito alla terra, di Ilaria Tuti – pag. 379

Come vento cucito alla terra è un romanzo di Ilaria Tuti, e già questa è una stranezza. Perché, come si dice, la via per l’inferno è lastricata di buone intenzioni, e una di queste era proprio quella di non recensire due volte uno stesso autore. Ma visto che l’inferno è sia nel primo libro (Fiori sopra l’inferno), che in questo (se non nel titolo, nell’ambientazione, ossia la Grande Guerra), già era prevedibile che Come vento cucito alla terra mi avrebbe fatto rinnegare quanto mi ero ripromessa.

Copertina libro Come vento cucito alla terra, di Ilaria Tuti

La seconda stranezza è che la protagonista non è Teresa Battaglia, il commissario di polizia che ha reso famosi i libri di Ilaria Tuti e che Elena Sofia Ricci ha portato sullo schermo nella fiction di Rai 1, ma un’altra donna coraggiosa e intelligente, Caterina Hill, dottoressa immaginaria del vero WHC (Women’s Hospital Corp), un gruppo di donne chirurgo che rischiarono la vita, tra la Francia e l’Inghilterra, per salvare i soldati inglesi, feriti nei combattimenti della Grande Guerra. La Dottoressa Hill vive a Londra e ha tutto quello che, nel 1914, crea scandalo: una laurea in Medicina, una figlia piccola senza avere un marito e, in più, origini italiane, che il suo accento tradisce.

Gli ospedali, in patria e sul campo, traboccano di feriti, ma se, da un lato, i dottori maschi pensano che le donne medico possano occuparsi al massimo di ginecologia, dall’altro i feriti preferirebbero morire piuttosto che farsi operare da una donna. Eppure due dottoresse (realmente esistite) riescono ad aprire, in Francia, il primo ospedale interamente gestito da donne e chiedono a Cate di unirsi alla spedizione, non solo per dare aiuto concreto ai soldati inglesi, ma per combattere una importante battaglia sociale, quella per la parità.

Il punto di forza del libro: In Come vento cucito alla terra ci sono ben due storie vere che si intrecciano alla finzione del romanzo: una è quella del Women’s Hospital Corp e l’altra è legata alla vita di Ernest Thesiger, attore inglese che coinvolse molti feriti degli ospedali inglesi nell’attività di ricamo, facendola diventare un’occasione di riabilitazione e rinascita. E splendida è la capacità della Tuti nel creare una unica, grande, storia, con personaggi veri che sembrano inventati da quanto sono speciali, con ambientazioni vivide e geograficamente ineccepibili, con una visione del racconto che è contemporaneamente colossale e intima.

Perché leggere Come vento cucito alla terra: perché racconta la Storia attraverso un romanzo, rendendo facile avvicinarsi a un periodo terribile e che, proprio per questo, non va dimenticato; perché la storia stessa del romanzo è appassionante e alla fine si finisce per innamorarsi di Cate e di Alexander, di Cecil e di Olga, di Flora e di Andrew; e perché è un libro che parla di donne coraggiose, che combattono ogni giorno per dimostrare di valere, almeno, quanto gli uomini, un tema che, purtroppo, non è ancora passato di moda.

Genere: romanzo storico

Io sono Persefone, di Daniele Coluzzi – pag. 292

Io sono Persefone nasce da un’idea audace di Daniele Coluzzi: far uscire i personaggi dei miti greci dalle aule di scuola e farli entrare in un romanzo. Quindi, niente film con effetti speciali hollywoodiani, o buffe storie animate alla Pollon, ma quasi 300 pagine scritte, nate sul web e diventate carta e inchiostro grazie a Rizzoli Editore.

Copertina libro Io sono Persefone di Daniele Coluzzi

Un’idea ancora più coraggiosa se consideriamo che non solo il libro è aderente alle fonti letterarie, ma sa essere cupo senza essere scabroso, passionale senza essere volgare, avvincente senza dover ricorrere a scene di sesso o di violenza, furbi trucchetti per scrittori senza qualità.

Protagonista è Persefone (la Proserpina dei Romani) e il libro narra una storia che tutti in qualche modo hanno letto (o che almeno hanno “visto” nella magnifica opera del Bernini), e che, nonostante questo, riesce ad essere, grazie alla mano dell’autore, originale e nuova, restituendo vita, pensieri, emozioni e desideri alla figlia di Demetra. Rivive Persefone e rivivono gli dei dell’Olimpo, le Erinni degli Inferi e le Sirene della costa del Cilento, in un racconto epico che sembra un romanzo young adult, ma di quelli scritti bene.

Il punto di forza del libro. Il fatto che Coluzzi sia riuscito a tratteggiare una Persefone così moderna, senza renderla ridicola, fa già capire le capacità e lo stile dell’autore.

E il punto di forza del libro è proprio il modo in cui riesce a narrare la personalità di questa giovane dea, che assomiglia a una qualsiasi ragazza dei nostri tempi, divisa tra l’interesse a restare ancora bambina e la necessità di crescere e compiere delle scelte. Il rapimento di Ade rappresenta quindi lo spartiacque metaforico tra infanzia ed età adulta, un momento di passaggio che Persefone (e Coluzzi) affronta pagina dopo pagina.

Perché leggere Io sono Persefone: perché è un originale “romanzo di formazione”, ancora più piacevole perché basato su solide basi dell’epica greca (e un po’ di ripasso non fa mai male); perché Daniele Coluzzi è uno scrittore italiano (e io sono di parte, si sa!); perché è un libro nato e scritto per i ragazzi, per guidarli alla scoperta dei miti greci ma anche per accompagnarli, con un buon libro, in quello strano periodo chiamato adolescenza, un periodo di cui tanti, dai pedagogisti agli psicologi, dai filosofi agli educatori, parlano e straparlano, coprendo le voci di scrittori e insegnanti.

Genere: young adult/romanzo storico.

Carolina dei delitti, di Lia Celi – pag. 264

Carolina dei delitti è uno di quei libri che ti capitano in mano per caso e, quando cominci a leggerlo, tiCarolina dei delitti rendi conto, una volta di più, che il caso non esiste. Perché la copertina è gradevole, elegante, pensata con cura, ma, in un’estate di copertine chiassose e colorate, magari non si nota moltissimo. Perché il titolo è perfetto, forse anche troppo perfetto, e bisogna leggere il sottotitolo per capire che parla di Carolina Invernizio. Perché, poi, Carolina Invernizio non è nemmeno un nome così conosciuto, relegato nella tipologia “scrittori di romanzi d’appendice” nelle reminescenze della scuola superiore. E poi lo apri e ti chiedi perché non avevi mai letto qualcosa di Lia Celi prima di questo libro e se ci voleva la Adriano Salani Editore (e chi sennò, parlando della Invernizio?)  per capire che la Celi non solo è divertente, originale e fedele alla storia, ma, soprattutto, è un’eccellente scrittrice. Una scrittrice che racconta di un’altra scrittrice, Carolina Invernizio, autrice torinese che all’inizio del secolo scorso ammaliava la sue lettrici (ma anche molti lettori, che però non lo avrebbero mai ammesso) con titoli come Il bacio di una morta, Sepolta Viva, La donna fatale, … e che con i suoi libri riuscì a mettere d’accordo perfino il comunista Gramsci con il Vaticano, procurandosi dal primo l’epiteto di “onesta gallina della letteratura popolare” e dal secondo la messa all’Indice. Siamo nel 1911, Torino brulica di gente per l’imminente Esposizione Universale e niente deve gettare cattiva luce sulla città e sui festeggiamenti per i cinquant’anni dell’unità d’Italia; quindi, quando il famoso scrittore Emilio Salgari viene trovato morto in un bosco in collina, la polizia chiude velocemente il caso, classificandolo come suicidio. Ma il corpo “orribilmente squarciato da larghe ferite”, come scrive La Stampa del 26 aprile 1911, insospettisce Carolina, che decide, come l’eroina di un suo romanzo, di indagare.

Il punto di forza del libro. Voce narrante è Vittorina, che fu realmente sorella e collaboratrice della Invernizio e che, nel libro della Celi, fa da perfetto contraltare, con il suo atteggiamento sempre prudente e sobrio, all’esuberanza e all’impulsività di Carolina. Ne risulta quasi un racconto a due, in cui Vittorina spiega e Carolina agisce, e dove il lettore si trova fortemente coinvolto, quasi trascinato tra le strade di Torino e le colline circostanti, dentro i salotti e i manicomi, tra i sentieri nei boschi e i padiglioni dell’Esposizione. Il punto di forza del libro è proprio questa eccezionale capacità della Celi di piegare la storia “vera” alla sua narrazione romanzata, coinvolgendo la famiglia Lombroso e la famiglia Salgari, essendo al contempo fedele e pietosa, al punto di concedersi di “salvare” chi, nella realtà, non era stato possibile strappare a un destino segnato.

Perché leggere Carolina dei delitti: perché lo stile della Celi è leggero e fresco, e al contempo rigoroso e autentico; perché in un panorama letterario già troppo pieno di ogni sorta di commissari e investigatori, Carolina e Vittorina sono originali e simpatiche; e perché la buona letteratura italiana merita di essere letta e promossa, che sia del ‘900 o del 2023.

Genere: romanzo storico.

Le isole dei sogni impossibili, di Riccardo Bottazzo – pag. 216

Le isole dei sogni impossibili, uscito nel 2022 per le Edizioni Il Frangente, è un libro che pare riduttivoLe isole dei sogni impossibili classificare solo come “saggio”, anche se un saggio lo è sicuramente: l’autore elenca decine di casi di persone che, occupando un’isola, reale o “virtuale” hanno pensato di autoproclamarsi re, granduca o almeno presidente, e questo per i motivi più disparati, dalla mitomania alla passione per la pesca, dal tentativo di non pagare più imposte a quello di truffare direttamente il prossimo. Ma è lo stile che fa la differenza, in quanto Bottazzo racconta il tutto con educata ironia e par quasi vederlo, al di là della pagina, sgranare gli occhi quando si “stupisce” dell’insensibilità delle Nazioni Unite che non si sono nemmeno prese la briga di rispondere alle rivendicazioni del Gran Maestro Supremo del Sovrano Ordine dei Cavalieri del Ghiaccio del Principato di Antarticland. Ad aiutare Bottazzo nello scrivere un libro che si legge d’un fiato, tanto è originale e divertente, ci si sono messi, ovviamente, tutti i personaggi sopra citati (re, granduchi, presidenti e chi più ne ha più ne metta), che hanno tentato di fondare “stati sovrani” nei punti più disparati del globo, dall’Equatore ai Poli, senza curarsi troppo non solo se l’isola in questione fosse già parte di una nazione, ma neppure se l’isola stessa fosse abitabile (o almeno emergesse dal livello del mare).

Il punto di forza del libro. Difficile trovarne uno solo: la scrittura di Bottazzo è fluida, piacevole, e il libro si consuma tra le mani senza che il lettore si renda conto di essere già arrivato in fondo. Ma non si può non citare il tema stesso del libro, che ne fa una vera novità: chi può dire di sapere dell’esistenza della Tamisiana Repubblica di Bosgattia?

Perché leggere Le isole dei sogni impossibili: perché è una raccolta di storie diverse, di folli e di ingenui, di visionari e di farabutti, tutti alla ricerca di un loro “posto” nel mondo, dove pure proclamarsi “imperatore”; perché è un libro che si può leggere capitolo per capitolo, senza fretta, magari sotto l’ombrellone; e anche perché è scritto da un giornalista veneziano, che di mare, e di isole, se ne intende.

Genere: saggio/umoristico.

I delitti di Whitechapel, di Guido Scardoli e Massimo Polidoro – pag. 349

I delitti di Whitechapel ha tutto quello che serve per essere un ottimo libro da leggere: è ambientato nella LondraI delitti di Whitechapel_Guido_Sgardoli_Massimo_Polidoro cupa e pericolosa del 1888 e, come lascia intendere il titolo, racconta dei misteriosi e spietati omicidi di Jack Lo Squartatore. Poi, è scritto a quattro mani da Guido Sgardoli, uno dei più apprezzati autori per ragazzi, già vincitore del Premio Andersen, e da Massimo Polidoro, divulgatore scientifico che si è conquistato sul campo fama, ma soprattutto credibilità, con il CICAP e con le sue indagini su presunti fenomeni paranormali e bufale varie. Se poi la protagonista, oltre a essere figlia di una delle vittime, è anche intraprendente e oltre modo moderna, ecco che ne esce una rivisitazione del leggendario serial killer londinese, in cui realtà e finzione si mescolano, dando vita a una storia nuova e che merita di essere letta. Sybil, che da qualche anno vive con la zia in campagna, viene richiamata a Londra da un telegramma: Scotland Yard le comunica che una delle vittime di Jack Lo Squartatore è la madre che l’ha abbandonata da piccola. Una madre che Sybil non incontra da molto tempo, ma che in realtà era andata a trovarla proprio a casa della zia qualche giorno prima di morire. Sybil non le aveva aperto e ora si chiede se avrebbe potuto salvarle la vita.

Il punto di forza del libro: troppo facile dire che è l’ambientazione, in una Londra dalla doppia anima che Sgardoli ricostruisce magnificamente. Eppure, scorrendo le righe de I delitti di Whitechapel, è forte la sensazione di passeggiare, accanto a Sybil, per le strade sporche e pericolose del tragicamente famoso quartiere dove si muoveva Jack Lo Squartatore. Ma a questa va aggiunta anche l’originalità della prospettiva, che ridà voce e dignità a quelle donne schiacciate dalla Rivoluzione Industriale. Donne e madri sole, la cui condotta, dettata spesso dalla necessità di sfamare i propri figli e che a volte non si spingeva oltre il fare lavori umili e pesanti, era considerata talmente indegna dal perbenismo popolare da pensare che la loro morte fosse “prevedibile“, se non addirittura “gradita”.

Perché leggere I delitti di Whitechapel: perché Sgardoli e Polidoro funzionano bene insieme e il libro, anche se prova, con precisione, a ricomporre le tante piste e le troppe ipotesi sul più cruento e sfuggevole serial killer della storia, è comunque veloce e piacevole. E perché la protagonista è una giovane donna che vuole capire e conoscere, senza arrendersi passivamente al ruolo che la società le ha affibbiato.

Genere: romanzo storico/giallo

La spia del Doge, di Loredan – pag. 272

La spia del Doge mi è capitato in mano per caso, mentre gironzolavo tra gli scaffali di una biblioteca. Copertina romanzo La Spia del Doge, di LoredanEd è infatti un libro di cui non avevo mai sentito parlare, uscito in Francia nel 2008 e in Italia, per la Newton Compton, nel 2011, ma il titolo, e ancora di più il sottotitolo (Leonora e i misteri di Venezia) mi hanno subito attirato, forti dell’innegabile fascino della Serenissima. Protagonista è Leonora Agnela (sì, proprio Agnela) Immacolata, una giovane orfana abbandonata dalla famiglia al Convento delle Orsoline di Vicenza e improvvisamente riammessa in famiglia quando, nell’inverno del 1762, suo padre, il patrizio veneziano Cesare dalla Frascada, la richiama a Venezia. Leonora scopre quindi non solo di essere di famiglia nobile, ma anche che il padre, nella sua scalata alla carica di Doge, la vuole dare in sposa ad uno dei figli di Alvise Mocenigo, potentissimo senatore che può favorire la sua elezione. Ma le nozze non si faranno mai, perché Cesare dalla Frascada viene arrestato e portato ai Piombi e nessuno, tra la matrigna e i fratellastri appena conosciuti, ha intenzione di fare qualcosa per tirarlo fuori di lì. Leonora, aiutata dal precettore francese Monsieur de Rofinac, e da Flaminio dell’Oio, un cortesan che si dimostrerà meno cinico di quanto vuole dare a intendere, cercherà quindi di scagionare il padre, scoprendo segreti che riguardano sia la città lagunare, che la sua stessa famiglia.

Il punto di forza del libro: Venezia è una protagonista di troppo fascino e altrettanta invadenza per non essere il motivo principale per leggere questo libro: i suoi palazzi, i suoi canali, ma anche la struttura sociale che sosteneva la Serenissima, le consuetudini, le tradizioni, come il famoso Carnevale, dove una maschera sul viso permetteva di concedersi svaghi che in altri momenti dell’anno erano vietati.

Perché leggere La spia del Doge: Non certo per la copertina, dove c’è sicuramente qualcosa che stona, né per lo pseudonimo dell’autore, e non per lo pseudonimo in sé, ma proprio perché non vedo la necessità, ai giorni nostri, di usarne uno. Sicuramente perché il libro è piacevole, anche se a volte pare “attorcigliarsi” intorno a una trama che rischia di mettere in difficoltà il lettore. Perché è ambientato a Venezia, ma questo è scontato. Sicuramente perché ti fa venir voglia di tornare a viaggiare, di prendere un treno o un aereo e rituffarti nelle calli, scoprire nuovi campi, farti di nuovo rapire dalla magia di Venezia.

Genere: romanzo storico

L’ultimo velo, di Nancy Bilyeau – pag. 438

Iniziare spiegando che L’ultimo velo è l’ennesimo libro che parla di Enrico VIII e dello Scisma Anglicano sarebbe fare un torto all’autrice. Se infatti il periodo storico è quello (e nel testo Enrico VIII fa pure la sua bella apparizione), Nancy Bilyeau è però riuscita a scrivere il suo romanzo partendo da un punto di vista originale, quello di una novizia domenicana che vede il suo futuro minacciato dalla progressiva soppressione dei monasteri cattolici, voluta proprio dal sovrano inglese. Uscito per Sperling & Kupfer Editori nel 2012, L’ultimo velo si snoda tra le vie di una cupa Londra del 1537, dove Sorella Joanna giunge, violando la regola della clausura, per assistere con le sue preghiere la cugina Margaret, condannata al rogo per essersi rifiutata di rinnegare la vecchia fede. Ma ad assistere all’esecuzione c’è anche il padre di Joanna, sir Richard Stafford, che si lancia verso la nipote, compiendo un gesto inatteso. Nella confusione che ne deriva, le guardie reali non esitano ad arrestare Joanna, sir Richard e pure Geoffrey Scovill, un giovane ufficiale di corte che poco prima aveva salvato la novizia da un’aggressione. Rinchiusa nella Torre di Londra, la novizia non può fare altro che sottostare al ricatto del vescovo Gardiner per salvare il padre e se stessa, e tornare quindi al priorato per indagare su un oggetto oscuro e pericoloso.

Il punto di forza del libro. È la trama del romanzo, costruita dalla Bilyeau con la stessa maestria con cui le consorelle di Joanna creano i loro arazzi al monastero di Dartford. L’autrice intesse una storia originale e credibile, in cui si muovono Joanna e le (disgraziate) mogli di Enrico VIII, due ambigui frati domenicani, una intransigente badessa, dame di corte e tirapiedi, e pure un aitante conestabile.

Perché leggere L’Ultimo Velo: perché è un romanzo storico, ma è anche ricco di suspense; perché la protagonista è una ragazza, molto religiosa ma anche molto umana; perché è un’opera prima, ma sembra scritta da un’autrice di grande esperienza; perché è una storia ambientata a Londra, e dopo la Brexit, abbiamo nostalgia di questa meravigliosa città anche quando è raccontata nella sua versione medievale.

GENERE: ROMANZO STORICO

I giorni della Bastia, di Luciano Cazzola – pag. 149

I giorni della Bastia è un libro che sorprende e, allo stesso tempo, infastidisce. Sorprende perché è scritto in modo eccellente, con uno stile che, senza offendere qualche purista della letteratura italiana, ricorda addirittura il Manzoni. E infastidisce perché, leggendolo, non ci si può non chiedere come mai questo testo non abbia avuto tutto il successo che merita. Difficile infatti che il libro, stampato dalle Grafiche Leoni nel 2018, sia conosciuto fuori dal territorio vicentino che ha dato i natali al suo autore, Luciano Cazzola, sebbene la storia raccontata, pur minore rispetto a più famose vicende medievali, abbia il giusto fascino per uscire dai confini provinciali. Siamo nel 1386 e il torrente Astico ha nuovamente rotto gli argini, allagando l’Alto Vicentino e seminando miseria tra i contadini. Vito, che ha undici anni e abita con la madre alle pendici della collina di Montecchio Precalcino, esce a pascolare le capre quando incontra nel bosco Jacopo, un crociato che, dopo vent’anni trascorsi in Terra Santa, tenta di tornare a casa. Intanto le signorie di Padova e di Verona tramano per contendersi il territorio, e proprio la scaligera Bastia, che svetta sulla collina di Montecchio, è elemento strategico di avvistamento e di difesa.

Il punto di forza del libro. Grande merito del Cazzola è aver svolto un attento lavoro di ricerca, per supportare storicamente le vicende narrate, anche se non è questo, per quanto meritevole, il punto di forza del libro. L’elemento di maggior valore de I giorni della Bastia è invece lo stile dell’autore, con una scrittura ricercata ma non pedante, ricca ma non leziosa, perfetta per ricreare atmosfere d’altri tempi. Il risultato è un ottimo romanzo storico, che riesce realmente a riportare in vita crociati e spie, preti ed eretici, nobili e popolani e il cui unico difetto è quello di essere troppo breve.

Perché leggere I giorni della Bastia: perché tratta di vicende minori nella Storia italiana, ma non per questo meno interessanti; perché il modo di scrivere di Cazzola ricrea atmosfere di manzoniana memoria; perché la narrazione è piacevole, lo stile pulito, il finale originale. E perché questo è un piccolo libro di pregio, sicuramente da consigliare, e non solo a chi abita in Veneto.

GENERE: ROMANZO STORICO

In viaggio con gli dei – Guida mitologica della Grecia, di Giulio Guidorizzi e Silvia Romani – 256 pagine

Si può dire che, rispetto ad altri libri, “In viaggio con gli dei – Guida mitologica della Grecia”, partaIn viaggio con gli dei, guida mitologica della Grecia avvantaggiato, come un atleta a cui, nella gara di corsa allo stadio di Olimpia, fosse stato concesso di posizionarsi 100 metri più avanti, senza incorrere in multe e nell’ignominia di vedersi dedicare uno degli “Zanes” in bronzo. Parlare infatti della Grecia e intrecciare le impressionanti rovine di oggi con i miti che alle stesse hanno dato loro vita, non può che conquistare il lettore, che in questo libro trova non solo una guida, ma un racconto, o meglio una serie di racconti, che vanno da Omero a Pausania, da Byron a Schliemann, da Creta a Efira, passando per Micene, Corinto ed Epidauro.
Edito nel 2019 per Raffaello Cortina Editore, “In viaggio con gli dei – Guida mitologica della Grecia” è un libro essenziale per chi ama la Grecia, soprattutto per chi pensa di conoscerla già.

Il punto di forza del libro: se la storia e la geografia greche sono un vantaggio, non sono però il punto di forza, che è, invece, la capacità di Giulio Guidorizzi e di Silvia Romani di mescolarle in modo eccezionale. L’indiscussa competenza accademica dei due autori trova la giusta chiave di narrazione attraverso un linguaggio moderno, un’ironia leggera, nonché i chiarificanti disegni di Michele Tranquillini.

Perché leggere “In viaggio con gli dei – Guida mitologica della Grecia”: non solo perché è interessante, ma perché è scritto bene; non solo perché è coinvolgente, ma perché è anche utile; non solo perché parla di Grecia, ma perché parla di noi, popoli del Mediterraneo, che da questa penisola e da questa manciata di isole meravigliose in qualche modo deriviamo, anche solo culturalmente. In fondo, una battuta di un film recita: “Esistono solo due categorie di persone: i greci e tutti quelli che vorrebbero esserlo.”

Genere: saggio (guida)

L’amore a due passi, di Catena Fiorello – pag. 300

È l’estate del 2010 e Roma è torrida e vuota. Orlando e Marilena, entrambi vedovi L'amore a due passi, di Catena Fiorello, su una spiaggia del Salentoe con i figli grandi e lontani, abitano a un paio di pianerottoli di distanza, mantenendo una cortese distanza nata quando ancora erano in vita i rispettivi coniugi. Eppure Orlando, da un po’ di tempo, sente un piacevole trasporto per la non più giovane ma ancora affascinante vicina. Un allarme impazzito, una nuora inglese, un’amica traditrice e un volantino accattivante saranno i semi da cui nascerà l’idea di trascorrere insieme una vacanza in Salento, scoprendo una terra meravigliosa e riscoprendo sentimenti che non hanno età.

Uscito nel 2016 per la Giunti Editore, il romanzo L’amore a due passi è anche una originale guida per conoscere le meraviglie della parte più meridionale della Puglia (dotato pure di cartina geografica in ultima pagina).

Il punto di forza del libro: la copertina, con due sdraio e il mare sullo sfondo, ben esprime la leggerezza del libro: un romanzo semplice, scritto in maniera fluida, leggibile, con frequenti cambi di punto di vista, da Orlando a Marilena, passando anche per altri personaggi secondari. Ma il vero punto di forza del libro è l’ambientazione, il Salento, che incanta con il suo barocco, le sue spiagge, gli ulivi antropomorfi, la luce abbacinante.

Perché L’amore a due passi è un libro da leggere: perché è un libro piacevole, senza la pretesa di essere per forza originale o spiazzante. Perché dopo tanti “young adult” e “new adult”, ci sta pure un libro che parli di “adult” e basta. Perché è scritto da un’autrice italiana, con un proprio stile ben riconoscibile. E perché racconta, con l’amore e lo stupore che ogni italiano dovrebbe avere, di luoghi meravigliosi della nostra Penisola.

L’amore a due passi un compagno ideale da portare sotto l’ombrellone, soprattutto se andate in Salento! 

https://www.facebook.com/viaggiareinpuglia.it/

Genere: romanzo d’amore

L’attraversaspecchi – Fidanzati dell’inverno, di Christelle Dabos – pag. 504

Con “Fidanzati dell’inverno”, romanzo uscito in Italia nel 2018 per la Edizioni e/o, e primo libro della serie fantasy – romantica “L’attraversaspecchi”, Christelle Dabos dà vita non solo a mondi nuovi e originali, ma soprattutto a personaggi complessi e affascinanti. La storia inizia sull’accogliente Anima, una delle ventuno Arche in cui, in un passato imprecisato, il mondo è stato diviso. Qui vive Ofelia, una giovane con due poteri molto speciali, “leggere” il passato degli oggetti che tocca e usare gli specchi come “porte” per spostarsi da un posto all’altro. Ma nel tempo di una manciata di capitoli, il racconto si sposta su un’altra Arca, gelida e coperta di ghiaccio, il Polo, perché Ofelia è stata promessa in sposa a Thorn, Intendente di Città-cielo. Un matrimonio combinato che risponde a logiche di potere di cui Ofelia è all’oscuro e che la ragazza comprenderà a poco a poco, imparando anche a conoscere il suo fidanzato e la famiglia da cui proviene.

Il punto di forza del libro: nonostante il libro poggi su una struttura solida, con ambientazioni fantastiche ma al contempo facili da capire e da ricordare (diversamente da altri libri di fantasy, tanto osannati ma altrettanto faticosi e contorti), l’aspetto più accattivante del libro è certamente la caratterizzazione dei personaggi. L’impacciata Ofelia, il freddo Thorn, ma anche l’ambiguo Archibald e la tormentata Berenilde: ognuno di essi ha una personalità che si svela a poco a poco, attirando e respingendo il lettore con gesti generosi e bassezze, lampi di genio e stupidi errori. La Dabos riesce magnificamente nell’intento di creare persone più che personaggi, che paiono maturare con lo scorrere delle pagine.

Perché “Fidanzati dell’inverno” è un libro da leggere: perché le Arche, le Città, le Famiglie inventate dall’autrice sono veramente ben delineate e originali, non avendo nulla da invidiare ad altri mondi fantastici più conosciuti; ma anche perché è una storia d’amore, o almeno questo è quello che garantisce la quarta di copertina, consolando gli “orfani” di Twilight. E anche perché è una saga che, solo vedendo la consistenza del primo libro, promette di tenere compagnia al lettore per almeno 2.000 pagine.

Gli altri tre romanzi della serie L’ Attraversaspecchi sono:
– Gli scomparsi di Chiardiluna;
– La memoria di Babel;
– Echi in tempesta.

Genere: fantasy

Il club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey, di Mary Ann Shaffer e Annie Barrows – pag. 283

Il club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey è uscito in Italia prima per Sonzogno (con il titolo La Società Letteraria di Guernsey) e poi, nel 2017, per la Astoria Edizioni, che ha voluto tradurre letteralmente il titolo dall’inglese. E il titolo, per quanto originale, non è forse un punto di forza per consigliare questo libro agli amici durante una telefonata.

Altrettanto originale è la struttura del romanzo, uno scambio epistolare tra Juliet Ashton, giovane scrittrice che vive a Londra, il suo editore, Sidney Stark, e alcuni abitanti dell’isola di Guernsey, una delle Isole del Canale, sulla Manica.

Siamo nel 1946 e Juliet ha appena pubblicato una raccolta degli articoli satirici scritti per la rivista Spectator durante la guerra. Mentre sta cercando l’ispirazione per un nuovo libro, riceve una lettera da Dawsey Adams, un abitante di Guernsey, il quale ha comprato, di seconda mano, un libro che lei aveva venduto. Dalla corrispondenza con Dawsey prima, e con altri isolani dopo, Juliet scopre l’esistenza del “club del libro e della torta di bucce di patata”, ma soprattutto del difficile periodo trascorso sotto l’occupazione nazista.

Il punto di forza del libro: la struttura di romanzo epistolare di solito divide i lettori. E infatti inizialmente è necessario avere pazienza per ricomporre su un unico piano narrativo tutti gli accenni, i nomi, i riferimenti contenuti nelle lettere. Del resto, lettere con troppe spiegazioni suonerebbero poco realistiche e la magia che rende vivo un romanzo si dissolverebbe.

Quindi Il club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey non è subito emozionante come si vorrebbe, ma lo diventa poco per volta, arrivando però a coinvolgere il lettore, che non può non sorridere su alcune pagine e, anche, versare qualche lacrima.

Si potrebbe dire quindi che il punto di forza del libro è la sua originalità, che non lo rende facile, ma di sicuro interessante.

Perché leggere Il club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey: perché è, indirettamente, ambientato nella Seconda Guerra Mondiale, di cui parla con il rispetto che meritano sia i vincitori che i vinti; e perché racconta esempi di solidarietà e di sacrificio in modo lieve e quotidiano, ricordando che tutti possono essere eroi, tutti i giorni.

Genere: romanzo epistolare (d’amore/storico)

Questione di Costanza, di Alessia Gazzola – pag. 335

Che ad Alessia Gazzola piaccia scrivere di dottori è comprensibile, vista la sua laurea in Medicina. Che poi le riesca bene è risaputo, dopo il successo, letterario e televisivo, dei libri de L’ Allieva, da cui è stata tratta, appunto, la serie TV omonima, con Alessandra Mastronardi e Lino Guanciale.

Qui la storia si sposta a Verona (dove vive anche la Gazzola) e vede protagonista Costanza Macallè, giovane medico con una specializzazione in Anatomia Patologica in tasca e una figlia a carico.

Costanza, pur di lavorare, accetta un assegno di ricerca in Paleopatologia e,  partita da Messina, arriva nella città scaligera convinta di fermarsi il meno possibile, giusto il tempo che Carrie, una broker inglese, le trovi una casa e un impiego in Gran Bretagna.

Ma le occasioni dall’Inghilterra scarseggiano e Costanza inizia a pensare sempre più insistentemente a una persona che credeva ormai di aver rimosso dalla propria vita e dai propri ricordi.

Questione di Costanza è il primo libro di una nuova serie, uscito nel 2019 per Longanesi.

Il punto di forza del libro: trattare un argomento che si conosce bene è sicuramente un vantaggio, ma bisogna anche essere dei bravi narratori per costruire una storia che meriti di essere letta. La Gazzola è di certo una valente autrice, e il risultato è un libro leggero, frizzante, adatto per ritagliarsi un momento di svago. In più,  i personaggi sono ben caratterizzati, con pregi e difetti, che li rendono umani e verosimili.

Perché è un libro da leggere: perché l’ambiente medico non perde mai il suo fascino, da Patricia Cornwell in poi (senza contare le innumerevoli serie televisive!); perché la storia scorre via facilmente, con dialoghi divertenti e una trama accattivante. E perché le scrittrici italiane sono sempre da leggere, soprattutto quando alle spalle hanno una preparazione impeccabile.

Genere: romanzo d’amore

Basta plastica, di Martin Dorey – pag. 140

Basta plastica – Cosa possiamo fare per fare davvero la differenza è un libro facile e veloce da leggere, scritto con lo scopo di sostenere una filosofia altrettanto semplice, da capire e da applicare: la #soluzionein2minuti. Martin Dorey è uno scrittore e un surfista, ma soprattutto è il fondatore di Beach Clean Network, nonché del movimento #2minutebeachclean (su Facebook e Instagram), progetto nato con l’intento di spronare chiunque metta piede su una spiaggia a raccogliere i rifiuti che vede (ma per solo due minuti). Se tutti lo facessero, non solo la raccolta dei rifiuti aumenterebbe esponenzialmente, ma, soprattutto, si diffonderebbe l’idea che per la plastica, come per molte delle risorse del nostro pianeta, l’approccio deve essere sempre più quello del “Riduco – Riuso – Riciclo“.

Il libro è edito in Italia da Aboca S.p.A. e, oltre a una utile serie di utili “soluzioni in 2 minuti”, propone anche una check-list di azioni da mettere in pratica, trenta consigli sensati e concreti per iniziare subito a proteggere l’ambiente.

Il punto di forza del libro: è la sua semplicità, che lo rende praticamente inattaccabile anche dai più fanatici dell’ “usa-e-getta”. Dorey ricorda l’inutilità della “fast-fashion” (peraltro orribile), la pericolosità delle cannucce, l’assurdità delle borsette di plastica. Ma bacchetta anche consumi più stupidi ed inutili, che vediamo tutti i giorni, a partire dagli astucci di scuola dei bambini, zeppi di evidenziatori e penne biro (ma guai a suggerire ad una maestra di usare una penna stilografica per scrivere e una matita per sottolineare!).

Perché è un libro da leggere: perché è saggio, ma non pedante; perché è basato su ricerche e dati, ma esposti con una grafica divertente; perché presenta un problema enorme, ma non permette che questa dimensione sia una scusa per non fare nulla. E perché ci sprona a usare intelligenza e umiltà, non necessariamente in quest’ordine.

Genere: saggio

La felicità del cactus, di Sarah Haywood – pag. 359

La felicità del cactus (titolo che, pur richiamando quello originale, “The cactus”, in italiano suona orribile) è il primo romanzo di Sarah Haywood, uscito in Italia nel 2018 per Feltrinelli. Protagonista è Susan Green, tranquilla quarantacinquenne con un impiego pubblico, un appartamento a Londra, una madre a Birmingham che vede poco e un fratello che vorrebbe non rivedere mai più. La sua vita è serena e prevedibile, perfettamente organizzata e soddisfacente, almeno finché qualcosa non inizia ad andare storto. Tentando di ignorare alcuni cambiamenti e di combatterne degli altri, Susan dovrà lei per prima cambiare, mantenendo sì le sue spine, come i cactus che tanto ama, ma imparando anche a fiorire.

Il punto di forza del libro. Il punto di forza di La felicità del cactus è anche l’aspetto che si è attirato qualche critica. Susan infatti può apparire antipatica, fuori dal mondo, addirittura irreale per il fatto di non usare i social network, di non voler familiarizzare con i colleghi di lavoro e, soprattutto, di essere estremamente gelosa della sua privacy. Posto che persone come Susan esistono veramente (chiunque ne conosce almeno una), è proprio questo suo essere particolare che ne fa un personaggio originale e interessante. La Haywood ha quindi creato una protagonista autentica, che evolve in modo credibile nel corso del romanzo e, proprio per questo, sa farsi apprezzare dal lettore, pur con le sue buffe idee sulla moda o sui rapporti interpersonali.

Perché è un libro da leggere: perché La felicità del cactus è scritto in maniera fluida e scorrevole, ed è divertente seguire le vicende di Susan, avanti e indietro tra Londra e Birmingham, mentre tenta di venire a capo degli imprevisti, anche molto piacevoli, che le sono capitati. E perché bisognerebbe imparare da Susan, ad esempio a usare di più la razionalità, invece di ragionare solo “di pancia”, e magari anche a infischiarsene di quello che pensano gli altri di noi e soprattutto a dedicare più tempo alla vita reale.

Genere: romanzo d’amore

Fuga in Europa, di Stephen Smith

Fuga in Europa – La giovane Africa verso il vecchio continente è un libro di Stephen Smith, Saggio Fuga in Europa di Stephen Smithuscito in Italia per Giulio Einaudi Editore nel 2018. Basandosi su analisi statistiche, ma anche su considerazioni di tipo storico, economico e sociologico, l’autore affronta la questione delle migrazioni di massa che partono dall’Africa, soprattutto sub-sahariana e, attraversato il Mar Mediterraneo, arrivano in Europa. E lo fa in modo imparziale, come scrive nella prefazione: “Non è mio intento, in questa sede, esasperare ulteriormente tale dibattito, bensì fornire elementi di informazione che costituiscano una base fattuale sulla quale ognuno potrà innalzare la propria tribuna politica.”

Il punto di forza del libro: è l’attenzione alle fonti da cui Smith è partito. Pur senza dimenticare che si sta parlando di persone e la perdita di anche solo una di loro è una tragedia, l’autore mette a confronto dati puntuali, come il rischio per un migrante, in percentuale, di annegare nel Mediterraneo e quello di una madre del Sud Sudan di morire di parto nel suo Paese, offrendo al lettore le basi per farsi una propria idea, lontano sia dalle cassandre che paventano l’invasione dei “nuovi barbari“, sia dalla “politica della pietà“, che fallisce miseramente.

Con un taglio scientifico, ma affrontabile anche da chi non ha competenze specifiche in materia, analizza ad esempio le “trappole demografiche“, sia quella della “alta fertilità – bassi redditi”, per cui un numero elevato di figli riduce le risorse disponibili per garantire il benessere di ciascuno, sia quella del “figlio unico”, adottata in Cina dal 1965 al 2015, che “premia” in termini di distribuzione delle risorse nel breve periodo, ma diventa un problema nel lungo, data l’insufficienza di “popolazione attiva” per sostituire chi va in pensione o per sostenere gli “inattivi”.

Numeri alla mano, scardina anche il mito che le “giovani braccia” e i “giovani cervelli” africani siano necessari per finanziare il sistema pensionistico di un’Europa che invecchia velocemente, e al contempo pone l’accento sulla futura “mancanza di adulti” che, in questo modo, impedirà all’Africa di “crescere economicamente”.

 Perché è un libro da leggere: perché, riportando quanto affermato da Max Weber, Stephen Smith spinge ognuno di noi a farsi una propria opinione, non dimenticando l’etica della responsabilità, che ci obbliga a considerarci responsabili di tutte le conseguenze prevedibili dei nostri atti, di quelle immediate ma anche di quelle future, al di là del narcisismo morale. E perché la conoscenza è la base della libertà, fisica, ma soprattutto mentale.

Genere: saggio

Sperando che il mondo mi chiami, di Mariafrancesca Venturo

Prendendo in mano distrattamente il romanzo di Mariafrancesca Venturo si rischia diSperando che il mondo mi chiami di Mariafrancesca Venturo rimetterlo sullo scaffale senza nemmeno leggere il risvolto di copertina. Eppure Sperando che il mondo mi chiami è un buon titolo, e se l’Editore Longanesi ha deciso di dare fiducia ad una maestra semi sconosciuta, un motivo ci deve pur essere. Si rigira il libro tra le mani, se ne soppesa il numero di pagine: sarà quel gelato troppo grande e troppo posticcio tra le mani della ragazza col cappottino rosso, o forse quello stesso cappottino rosso, decisamente inflazionato, ma guardando il libro qualcosa stona ed è un peccato. Perché in realtà Sperando che il mondo mi chiami è una splendida scoperta, ancora più sorprendente se consideriamo che la trama è semplice, all’apparenza banale. Carolina Altieri vive a Roma ed è una maestra supplente, sempre pronta ad accettare sostituzioni anche brevissime, nel tentativo di arrivare a maturare un punteggio sufficiente per aspirare ad un incarico annuale o, ancora meglio, ad una docenza a tempo indeterminato. Intorno a lei ruotano le storie di amici e familiari, di un collega dalle mille risorse e di un fidanzato milanese, di un dirigente dispotico e di una nonna molto saggia. E, su tutto, le storie personali di alunni a cui Carolina insegna anche solo per un paio di giorni, ma a cui non può non affezionarsi.

Il punto di forza del libro: è lo stile fresco, originale, pulito della Venturo, che sviluppa un monologo interiore chiaro e avvincente, in cui il lettore può riconoscersi, fosse solo con riguardo ai divertenti rapporti familiari. Anche i personaggi di Sperando che il mondo mi chiami sono ben caratterizzati e danno vivacità a una storia che parte in sordina, per rivelarsi poi brillante e molto piacevole.

Perché è un libro da leggere: perché Mariafrancesca Venturo è una giovane scrittrice italiana da seguire, sperando che abbia già una nuova storia da raccontarci. E perché Carolina Altieri è un personaggio positivo, ricco di quella passione e purezza che vorremmo ritrovare in ogni insegnante. E anche perché di maestre come Carolina Altieri ce ne sono molte di più di quante si possa immaginare, ed è necessario parlare di loro, per non dimenticarci che sono il primo, fondamentale, ingranaggio di un sistema educativo che forma, culturalmente ma anche eticamente, le donne e gli uomini di domani.

Genere: romanzo d’amore

Il segreto della memoria, di Boris Nikolai Konrad

Il segreto della memoria – Come allenare il nostro cervello a ricordare tutto ciò che ci serveLibro Il segreto della memoria di Boris Nikolai Konrad non è, come può sembrare a prima vista, solo un manuale di trucchi e segreti per migliorare la memoria. L’autore, Boris Nikolai Konrad, è certamente un esperto di questi metodi, avendo vinto in più occasioni i Campionati Mondiali di Memoria, ma è prima di tutto un neuroscienziato (con pure una laurea in fisica). Ne Il segreto della memoria, uscito in Italia per Garzanti nel 2018, troverete quindi sia tecniche di allenamento mnemonico, sia una rassegna di ricerche, esperienze ed esempi su come funziona il nostro cervello, dagli studi di Pavlov al caso del paziente HM, dal mondegreen ai flashback.

Il punto di forza del libro: l’autorevolezza di Konrad gioca certamente il suo ruolo nella scelta di comprare Il segreto della memoria. Del resto, saper memorizzare in 15 minuti le facce e i nomi di 215 persone è la prova più evidente che l’autore conosce la materia. In più, il campione tedesco ha uno stile facile e divertente, riuscendo a rendere comprensibili anche gli argomenti e i termini più tecnici. Le simpatiche illustrazioni di Selma Koopman completano il quadro, facilitando qualche spiegazione o fornendo la base per proporre un test al lettore.

Perché è un libro da leggere: perché affronta un tema complesso, come il funzionamento del cervello, dell’intelligenza e della memoria, in modo discorsivo e piacevole. E perché Konrad è uno dei massimi “esperti della memoria”, pur dimostrando, risonanza magnetica nucleare alla mano, di avere un cervello decisamente normale e quindi aprendo a tutti la possibilità di migliorare le proprie abilità mnestiche. E infine perché, se la cultura è ciò che rimane dopo che abbiamo dimenticato tutto il resto, imparare a ricordare è di sicuro una scelta intelligente.

Genere: saggio

Lungo la Pedemontana, di Paolo Malaguti

Lungo la Pedemontana. In giro lento tra storia, paesaggio veneto e fantasie è un libro diLungo la Pedemontana, di Paolo Malaguti Paolo Malaguti, padovano trapiantato nella provincia di Treviso e già apprezzato autore della storia veneta con romanzi quali La reliquia di Costantinopoli (finalista al Premio Strega nel 2016). In questo saggio, Malaguti parte da un fatto recentissimo, addirittura ancora in essere, quale la costruzione della superstrada Pedemontana Veneta, e lo intreccia con i ricordi della sua infanzia, con le parole di Zanzotto, Meneghello, Rigoni Stern e Piovene, nonché con i racconti di chi vive a ridosso del tanto discusso cantiere. In sella a un bicicletta, pianificando sei tappe, l’autore prova a percorrere il tracciato di questa nuova arteria di traffico, costeggiando il più possibile gli scavi, andando fin sul ciglio dei muri di contenimento, come si faceva da piccoli, di fronte alle fondamenta fresche della villetta in costruzione nel campo davanti a casa. Uscito nel 2018 per Marsilio Editori, Lungo la Pedemontana fornisce una inedita chiave di lettura della “grande opera”, ancora incompiuta, ma che ha ormai segnato per sempre il territorio: la superstrada si inserisce, nell’interpretazione dell’autore, nella concezione che i veneti hanno del lavoro e della vita e si giustifica proprio nel sentimento che essi provano verso il loro territorio.

Il punto di forza del libro: il motivo per leggere Lungo la Pedemontana si trova nelle parole stesse dell’autore. Malaguti afferma che, nelle opere di Meneghello “il dubbio sull’effettiva bontà del cambiamento è espresso con delicatezza”. Medesima delicatezza usata dallo scrittore padovano, che nel suo libro non accusa né assolve, ma semplicemente cerca di capire in quale substrato sociale, economico e pure linguistico questo imponente cantiere è riuscito ad insediarsi, senza suscitare nemmeno troppe resistenze.

Perché è un libro da leggere: perché il racconto, piacevolmente divertente e scanzonato, è oltremodo carico di spunti e rimandi letterari, che arricchiscono quasi inconsapevolmente il lettore; e soprattutto perché fa riflettere, invitando a non fermarsi a una prona accettazione, ma nemmeno a un riottoso rifiuto del cambiamento.

Genere: saggio (autobiografia)

Vox, di Christina Dalcher

Vox è il romanzo d’esordio di Christina Dalcher, una sorta di diario fittizio su unRomanzo Vox di Christina Dalcher agghiacciante futuro distopico. Uscito in Italia nel 2018 per la casa editrice Nord, il libro si basa su un’idea semplice e spiazzante: negli Stati Uniti una nuova legge impone alle donne, fin dalla nascita, di portare un braccialetto al polso che conti il numero di parole che ognuna pronuncia in una giornata, emettendo poi una forte scarica elettrica al raggiungimento della centesima parola. Così ogni donna smette di parlare, ma anche di lavorare, di uscire, di vivere; le bambine non solo non imparano a parlare, ma nemmeno a leggere e a scrivere, condannate a una vita da schiave, ovviamente mute, degli uomini. Così è per la dottoressa Jean McClellan e per sua figlia Sonia, cristallizzate in un presente silenzioso destinato a peggiorare. Ma Jean è un’esperta in disturbi del linguaggio  e quando le sue competenze scientifiche vengono richieste dal Presidente, si profila l’opportunità di fare qualcosa per cambiare il proprio destino e quello di tutte le donne americane.

Il punto di forza del libro: è l’idea su cui si basa, talmente assurda e terrificante da far sorgere il dubbio che, un giorno, qualcuno potrebbe trovarla ragionevole. Il romanzo in realtà è poi un po’ debole in alcuni punti, soprattutto nelle ultime pagine, dove l’autrice usa un artificio per non dilungarsi a raccontare i singoli avvenimenti che portano al finale. Finale che è anche troppo semplicistico e buonista, un finale che accontenta un po’ tutti e forse scontenta quei lettori che avrebbero voluto qualche capitolo e molta azione in più.

Perché è un libro da leggere: perché fa riflettere su disuguaglianza e sopraffazione, concetti che devono essere accuratamente eliminati da ogni ambito umano, partendo da quello sociale e passando per l’economico e il politico. Perché è un “primo romanzo” e merita la comprensione tributata a chi compie un’opera importante, anche se non perfetta. E infine perché parla di futuro, e sta ad ognuno di noi costruirlo su fondamenta solide fatte di parità, rispetto e dignità.

Genere: romanzo giallo (distopico)