Come vento cucito alla terra è un romanzo di Ilaria Tuti, e già questa è una stranezza. Perché, come si dice, la via per l’inferno è lastricata di buone intenzioni, e una di queste era proprio quella di non recensire due volte uno stesso autore. Ma visto che l’inferno è sia nel primo libro (Fiori sopra l’inferno), che in questo (se non nel titolo, nell’ambientazione, ossia la Grande Guerra), già era prevedibile che Come vento cucito alla terra mi avrebbe fatto rinnegare quanto mi ero ripromessa.

La seconda stranezza è che la protagonista non è Teresa Battaglia, il commissario di polizia che ha reso famosi i libri di Ilaria Tuti e che Elena Sofia Ricci ha portato sullo schermo nella fiction di Rai 1, ma un’altra donna coraggiosa e intelligente, Caterina Hill, dottoressa immaginaria del vero WHC (Women’s Hospital Corp), un gruppo di donne chirurgo che rischiarono la vita, tra la Francia e l’Inghilterra, per salvare i soldati inglesi, feriti nei combattimenti della Grande Guerra. La Dottoressa Hill vive a Londra e ha tutto quello che, nel 1914, crea scandalo: una laurea in Medicina, una figlia piccola senza avere un marito e, in più, origini italiane, che il suo accento tradisce.
Gli ospedali, in patria e sul campo, traboccano di feriti, ma se, da un lato, i dottori maschi pensano che le donne medico possano occuparsi al massimo di ginecologia, dall’altro i feriti preferirebbero morire piuttosto che farsi operare da una donna. Eppure due dottoresse (realmente esistite) riescono ad aprire, in Francia, il primo ospedale interamente gestito da donne e chiedono a Cate di unirsi alla spedizione, non solo per dare aiuto concreto ai soldati inglesi, ma per combattere una importante battaglia sociale, quella per la parità.
Il punto di forza del libro: In Come vento cucito alla terra ci sono ben due storie vere che si intrecciano alla finzione del romanzo: una è quella del Women’s Hospital Corp e l’altra è legata alla vita di Ernest Thesiger, attore inglese che coinvolse molti feriti degli ospedali inglesi nell’attività di ricamo, facendola diventare un’occasione di riabilitazione e rinascita. E splendida è la capacità della Tuti nel creare una unica, grande, storia, con personaggi veri che sembrano inventati da quanto sono speciali, con ambientazioni vivide e geograficamente ineccepibili, con una visione del racconto che è contemporaneamente colossale e intima.
Perché leggere Come vento cucito alla terra: perché racconta la Storia attraverso un romanzo, rendendo facile avvicinarsi a un periodo terribile e che, proprio per questo, non va dimenticato; perché la storia stessa del romanzo è appassionante e alla fine si finisce per innamorarsi di Cate e di Alexander, di Cecil e di Olga, di Flora e di Andrew; e perché è un libro che parla di donne coraggiose, che combattono ogni giorno per dimostrare di valere, almeno, quanto gli uomini, un tema che, purtroppo, non è ancora passato di moda.


rendi conto, una volta di più, che il caso non esiste. Perché la copertina è gradevole, elegante, pensata con cura, ma, in un’estate di copertine chiassose e colorate, magari non si nota moltissimo. Perché il titolo è perfetto, forse anche troppo perfetto, e bisogna leggere il sottotitolo per capire che parla di Carolina Invernizio. Perché, poi, Carolina Invernizio non è nemmeno un nome così conosciuto, relegato nella tipologia “scrittori di romanzi d’appendice” nelle reminescenze della scuola superiore. E poi lo apri e ti chiedi perché non avevi mai letto qualcosa di Lia Celi prima di questo libro e se ci voleva la
classificare solo come “saggio”, anche se un saggio lo è sicuramente: l’autore elenca decine di casi di persone che, occupando un’
cupa e pericolosa del 1888 e, come lascia intendere il titolo, racconta dei misteriosi e spietati omicidi di Jack Lo Squartatore. Poi, è scritto a quattro mani da Guido Sgardoli, uno dei più apprezzati autori per ragazzi, già vincitore del Premio Andersen, e da Massimo Polidoro, divulgatore scientifico che si è conquistato sul campo fama, ma soprattutto credibilità, con il CICAP e con le sue indagini su presunti fenomeni paranormali e bufale varie. Se poi la protagonista, oltre a essere figlia di una delle vittime, è anche intraprendente e oltre modo moderna, ecco che ne esce una rivisitazione del leggendario serial killer londinese, in cui realtà e finzione si mescolano, dando vita a una storia nuova e che merita di essere letta. Sybil, che da qualche anno vive con la zia in campagna, viene richiamata a Londra da un telegramma: Scotland Yard le comunica che una delle vittime di Jack Lo Squartatore è la madre che l’ha abbandonata da piccola. Una madre che Sybil non incontra da molto tempo, ma che in realtà era andata a trovarla proprio a casa della zia qualche giorno prima di morire. Sybil non le aveva aperto e ora si chiede se avrebbe potuto salvarle la vita.
Ed è infatti un libro di cui non avevo mai sentito parlare, uscito in Francia nel 2008 e in Italia, per la Newton Compton, nel 2011, ma il titolo, e ancora di più il sottotitolo (Leonora e i misteri di Venezia) mi hanno subito attirato, forti dell’innegabile fascino della Serenissima. Protagonista è Leonora Agnela (sì, proprio Agnela) Immacolata, una giovane orfana abbandonata dalla famiglia al Convento delle Orsoline di Vicenza e improvvisamente riammessa in famiglia quando, nell’inverno del 1762, suo padre, il patrizio veneziano Cesare dalla Frascada, la richiama a Venezia. Leonora scopre quindi non solo di essere di famiglia nobile, ma anche che il padre, nella sua scalata alla carica di Doge, la vuole dare in sposa ad uno dei figli di Alvise Mocenigo, potentissimo senatore che può favorire la sua elezione. Ma le nozze non si faranno mai, perché Cesare dalla Frascada viene arrestato e portato ai Piombi e nessuno, tra la matrigna e i fratellastri appena conosciuti, ha intenzione di fare qualcosa per tirarlo fuori di lì. Leonora, aiutata dal precettore francese Monsieur de Rofinac, e da Flaminio dell’Oio, un cortesan che si dimostrerà meno cinico di quanto vuole dare a intendere, cercherà quindi di scagionare il padre, scoprendo segreti che riguardano sia la città lagunare, che la sua stessa famiglia.
niziare spiegando che L’ultimo velo è l’ennesimo libro che parla di
modo eccellente, con uno stile che, senza offendere qualche purista della letteratura italiana, ricorda addirittura il Manzoni. E infastidisce perché, leggendolo, non ci si può non chiedere come mai questo testo non abbia avuto tutto il successo che merita. Difficile infatti che il libro, stampato dalle Grafiche Leoni nel 2018, sia conosciuto fuori dal territorio vicentino che ha dato i natali al suo autore, Luciano Cazzola, sebbene la
avvantaggiato, come un atleta a cui, nella gara di corsa allo stadio di Olimpia, fosse stato concesso di posizionarsi 100 metri più avanti, senza incorrere in multe e nell’ignominia di vedersi dedicare uno degli “Zanes” in bronzo. Parlare infatti della Grecia e intrecciare le impressionanti rovine di oggi con i miti che alle stesse hanno dato loro vita, non può che conquistare il lettore, che in questo libro trova non solo una guida, ma un racconto, o meglio una serie di racconti, che vanno da Omero a Pausania, da Byron a Schliemann, da Creta a Efira, passando per Micene, Corinto ed Epidauro.
e con i figli grandi e lontani, abitano a un paio di pianerottoli di distanza, mantenendo una cortese distanza nata quando ancora erano in vita i rispettivi coniugi. Eppure Orlando, da un po’ di tempo, sente un piacevole trasporto per la non più giovane ma ancora affascinante vicina. Un allarme impazzito, una nuora inglese, un’amica traditrice e un volantino accattivante saranno i semi da cui nascerà l’idea di trascorrere insieme una vacanza in Salento, scoprendo una terra meravigliosa e riscoprendo sentimenti che non hanno età.
primo libro della serie fantasy – romantica “L’attraversaspecchi”, Christelle Dabos dà vita non solo a mondi nuovi e originali, ma soprattutto a personaggi complessi e affascinanti. La storia inizia sull’accogliente Anima, una delle ventuno Arche in cui, in un passato imprecisato, il mondo è stato diviso. Qui vive Ofelia, una giovane con due poteri molto speciali, “leggere” il passato degli oggetti che tocca e usare gli specchi come “porte” per spostarsi da un posto all’altro. Ma nel tempo di una manciata di capitoli, il racconto si sposta su un’altra Arca, gelida e coperta di ghiaccio, il Polo, perché Ofelia è stata promessa in sposa a Thorn, Intendente di Città-cielo. Un matrimonio combinato che risponde a logiche di potere di cui Ofelia è all’oscuro e che la ragazza comprenderà a poco a poco, imparando anche a conoscere il suo fidanzato e la famiglia da cui proviene.
Sonzogno (con il titolo La Società Letteraria di Guernsey) e poi, nel 2017, per la Astoria Edizioni, che ha voluto tradurre letteralmente il titolo dall’inglese. E il titolo, per quanto originale, non è forse un punto di forza per consigliare questo libro agli amici durante una telefonata.
da leggere, scritto con lo scopo di sostenere una filosofia altrettanto semplice, da capire e da applicare: la #soluzionein2minuti. Martin Dorey è uno scrittore e un surfista, ma soprattutto è il fondatore di
italiano suona orribile) è il primo romanzo di Sarah Haywood, uscito in Italia nel 2018 per Feltrinelli. Protagonista è Susan Green, tranquilla quarantacinquenne con un impiego pubblico, un appartamento a
uscito in Italia per Giulio Einaudi Editore nel 2018. Basandosi su analisi statistiche, ma anche su
rimetterlo sullo scaffale senza nemmeno leggere il risvolto di copertina. Eppure Sperando che il mondo mi chiami è un buon titolo, e se l’Editore Longanesi ha deciso di dare fiducia ad una maestra semi sconosciuta, un motivo ci deve pur essere. Si rigira il libro tra le mani, se ne soppesa il numero di pagine: sarà quel gelato troppo grande e troppo posticcio tra le mani della ragazza col cappottino rosso, o forse quello stesso cappottino rosso, decisamente inflazionato, ma guardando il libro qualcosa stona ed è un peccato. Perché in realtà Sperando che il mondo mi chiami è una splendida scoperta, ancora più
non è, come può sembrare a prima vista, solo un manuale di trucchi e segreti per migliorare la memoria. L’autore,
agghiacciante
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