La valle dell’orco, di Umberto Matino

“La valle dell’orco” è il primo romanzo di Umberto Matino, pubblicato nel 2011 da Foschi Editore. Il racconto inizia conCopertina La valle dell'orco, Umberto Matino la morte di Aldo Manfredini, medico di Padova che aveva lasciato la città e la carriera per vivere in Contrà Brunelli, una sperduta contrada delle Prealpi Vicentine, in Val Leogra. Suo erede universale è Carlo Zampieri, che arriva in Contrà Brunelli senza sapere bene cosa farsene di quella casa, né perché Aldo abbia voluto lasciarla proprio a lui. Convinto inizialmente che l’amico si sia suicidato, si ricrede quando trova, ben nascosto tra le travi del soffitto, il diario di Aldo. Seguendo le pagine del diario, Carlo scopre che quella di Aldo è solo una delle morti misteriose avvenute negli anni nella piccola Contrà Brunelli. E che la scomparsa di Aldo potrebbe essere stata causata proprio dal suo essersi avvicinato troppo alla verità.

Il punto di forza del libro: è la descrizione dei paesaggi montani veneti e precisamente vicentini, paesaggi che nulla hanno da invidiare ad altre località italiane, più conosciute  solo perché meglio pubblicizzate. L’aver poi ambientato la seconda parte del romanzo in un nevosissimo inverno della fine degli anni ’80 (che ai più ricorderà la famosa “Grande Nevicata”) carica di tensione il racconto, quasi che la natura stessa voglia diventarne, nel bene e nel male, la protagonista.

Perché leggere La valle dell’orco: perché è un libro che regala un sottile brivido, una sensazione sinistra, quasi che il responsabile delle morti misteriose non sia identificabile in una creatura (umana o animale, reale o fantastica, un serial killer o l’orco del titolo), bensì sia un male diffuso, strisciante, inarrestabile. E perché l’autore ha saputo fondere mirabilmente storia locale, leggende cimbre e romanzo giallo, ottenendone un romanzo corposo e vagamente inquietante, sicuramente da leggere.

Genere: romanzo giallo

Il potere del miao, di Marina Mander

“Il potere del miao”, pubblicato da Mondadori nel 2015, è un piccolo saggio di Marina Mander. Totalmente incentrato sul rapporto che lega l’autrice ai suoi gatti, mescola spezzoni di vita, riflessioniCopertina Il potere del miao, di Marina Mander filosofiche e sottile umorismo, seguendo un filo non cronologico ma felinamente logico.

Il punto di forza del libro: è il modo che ha la Mander di saltare, come solo un elegante felino può fare, da un argomento all’altro, da un gatto all’altro. Ogni tanto l’autrice fa un riferimento alla sua vita, cita un personaggio famoso, racconta un’esperienza vissuta, ma sempre con grazia, spesso solo con delicati accenni, che non aprono mai troppo la porta ai rimpianti o ai rancori.

Perché leggere Il potere del miao: perché sta a metà tra un saggio e un romanzo, e di entrambi prende le parti migliori. E perché è un libro d’amore, amore per i gatti certo, ma amore soprattutto per la vita.

Genere: saggio

La pietra per gli occhi, di Roberto Tiraboschi

“La pietra per gli occhi” è un romanzo storico ambientato nella nascente Venezia del 1106, scritto da Roberto Tiraboschi e pubblicato nel 2015 dalle Edizioni e/o. Edgardo d’Arduino, chierico alCopertia libro La pietra per gli occhi, Roberto Tiraboschi monastero di Bobbio, è un eccellente amanuense, almeno finchè la sua vista non inizia a vacillare. Seguendo il consiglio del confratello Ademaro, Edgardo lo segue a Venezia, con lo scopo ufficiale di acquistare nuovi libri per l’abbazia. Ma la sua segreta speranza è di trovare la “pietra per gli occhi”, una pietra di cui nessuno conosce la natura, ma che dovrebbe guarire la cecità. Edgardo arriva in una Venezia enigmatica e pericolosa, in cui si aggira un assassino che, strappati gli occhi alle sue vittime, ne riempie i bulbi con il vetro fuso. Il giovane novizio dovrà destreggiarsi tra commerci di finte reliquie e di libri proibiti, strani presagi dal mare, una schiava dalla pelle ambrata e un segreto per cui ogni vetraio di Venezia sarebbe pronto a uccidere.

Il punto di forza del libro: è il senso di magica immobilità con cui Tiraboschi descrive Venezia: mentre i personaggi tramano e si affannano, le isole lagunari sembrano pezzi di una creatura mitica, appostata tra i canali, silenziosa e terribile. Venezia, con ancora i fiumi che si gettano in laguna, i ponti da gettare, i pali da piantare, pare guardare agli affanni umani con ferina serenità, già potente, selvaggia e bellissima.

Perché leggere La pietra per gli occhi: perché, anche se parla di monaci, libri perduti e strani omicidi (una storia che – Umberto Eco insegna – piace sempre) è un romanzo originale e appassionante. E anche perché Tiraboschi doma parole italiane e veneziane con un suo stile singolare e seducente, uno stile che meriterebbe ben più visibilità nel panorama letterario italiano.

 Genere: romanzo storico (giallo)

La rosa del farmacista, di Candace Robb

“La rosa del farmacista” è il primo libro della serie di Owen Archer, personaggio inventato dalla scrittrice di gialliCopertina libro La rosa del farmacista, Candace Robb medievali Candace Robb. Uscito negli Stati Uniti nel 1993, e in Italia, per la Edizioni Piemme, nel 2000, è ambientato nell’Inghilterra di fine Trecento, e precisamente a York. L’arcivescovo della città, nonché Lord cancelliere, John Thoresby, incarica Owen Archer, ex capitano degli arcieri al servizio del duca di Lancaster, di investigare su due morti misteriose verificatesi nell’abbazia di York. L’unico legame tra le due vittime è Nicholas Wilton, il farmacista che le ha curate. Owen, che ha dovuto lasciare l’esercito dopo aver perso l’occhio sinistro in una scaramuccia, si finge apprendista apotecario per entrare nella farmacia Wilton e indagare. Ma nuove morti e, soprattutto, Lucie, la giovane e bella moglie di Nicholas, complicheranno l’indagine, e la vita, di Owen, fino a un emozionante finale.

Il punto di forza del libro: è la sapiente mescolanza tra storia medievale, thriller, scene d’azione e anche un po’ di romanticismo. La Robb crea un personaggio molto accattivante, realistico e concreto come avrebbe potuto essere un soldato medievale. Ma anche dotato di un fascino e di una modernità che, agli amanti dei manga giapponesi, ricordano un altro famoso Capitano con il viso sfregiato.

Perché leggere La rosa del farmacista: perché è il primo di una serie di romanzi medievali ed è sempre piacevole ritrovare, libro dopo libro, personaggi conosciuti e amati. E perché è un ottimo romanzo storico, con una trama avvincente e una splendida ambientazione.

Genere: romanzo storico (giallo)

Innamorarsi. Istruzioni per l’uso, di Cecilia Ahern

“Innamorarsi. Istruzioni per l’uso”, traduzione italiana del più azzeccato titolo originale How to fall in love, è un romanzo rosa di Cecilia Ahern, pubblicato da Rizzoli nel 2015. Protagonista è Copertina libro Innamorarsi Istruzioni per l'uso, Cecelia AhernChristine, irlandese di Dublino (come l’autrice), trentatré anni e un matrimonio fallito alle spalle. Seguendo i consigli di uno degli innumerevoli manuali di autoaiuto in cui è convinta di trovare la soluzione a tutti i problemi della sua vita, Christine è sull’Ha’penny Bridge proprio nel momento in cui un bellissimo sconosciuto, Adam, decide di tentare il suicidio. Christine lo persuade a non saltare, ma si ritrova coinvolta in uno strano quanto improbabile patto: avrà a disposizione due settimane per convincerlo a non provarci di nuovo. Due settimane a stretto contatto, in cui i dolori sopiti di entrambi verranno lentamente a galla; due settimane in cui rimettere a posto le loro vite e i loro cuori.

Il punto di forza del libro: è lo stile fresco e divertente della Ahern, che tratteggia scene e personaggi in modo vivace e moderno, senza però mai cadere nelle storture del linguaggio colloquiale. I protagonisti principali sono, ovviamente, belli, e interessanti, e simpatici, e intelligenti, e ricchi, e forse un po’ troppo perfetti per la vita reale. Ma in fondo è un romanzo e va bene così.

Perché leggere Innamorarsi. Istruzioni per l’uso: perché è un libro scritto molto bene, con una trama godibile e buoni spunti originali, come l’utilizzo di improbabili “manuali” per risolvere ogni dubbio si presenti a Christine. E perché è un libro positivo, ricco di ironia e buoni sentimenti, un libro in grado di regalare più di un sorriso.

Genere: romanzo d’amore

La contessa segreta, di Eva Ibbotson

“La contessa segreta”, pubblicato in Italia nel 2009 da Salani, é la riedizione di un romanzo di Eva Ibbotson del 1981, dal titolo A Countess Below Stairs. La storia inizia intorno al 1900, a SanLa contessa segreta Pietroburgo, ma si sposta presto nella campagna inglese. La Prima Guerra Mondiale e la rivoluzione bolscevica costringono infatti la protagonista, la contessina ventenne Anna Grazinskij, a fuggire con la sua famiglia in Inghilterra. Qui Anna, improvvisamente povera, deve trovarsi un lavoro e si propone come cameriera a Mersham, tenuta dei conti Westerholme. Anna non sa nulla del nuovo lavoro, se non quello che ricava da un vecchio manuale (il fantomatico “Manuale della servitù domestica” di Selina Strickland). Ma la sua spontaneità, e la carenza di personale in vista del ritorno di Lord Rupert dopo la fine della guerra, convincono il maggiordomo Proom ad assumerla. L’inesperta nuova cameriera porterà non poco scompiglio nelle abitudini di Mersham, ma soprattutto nella vita del conte Rupert, promesso sposo della ricchissima quanto arida Muriel, ma sempre più attratto dallo sguardo limpido di Anna.

Il punto di forza del libro: è la scrittura elegante, quasi aristocratica, della Ibbotson, che riesce, quasi da sola, a ricostruire le atmosfere della nobiltà inglese e russa del ‘900. Una scrittura piacevole, accurata senza essere noiosa, poetica ma non stucchevole, la scrittura di una grande narratrice.

Perché leggere La contessa segreta: perché, se l’ironia di Eva Ibbotson é stata paragonata a quella di Roald Dahl, le ambientazioni ricordano molto Oscar Wilde, con una buona dose di solarità e ottimismo in più. E perché è un libro romantico, uno di quelli che strappano sorrisi e sospiri, un libro adatto a chi, per dirla come Audrey Hepburn in Sabrina, “guarda il mondo con degli occhiali colorati di rosa”, o almeno ci prova.

Genere: romanzo d’amore

Il cuore selvatico del ginepro, di Vanessa Roggeri

Genere: romanzo di formazione

“Il cuore selvatico del ginepro” è un romanzo di Vanessa Roggeri, pubblicato nel 2013 per Garzanti. A Baghintos, paese (immaginario) nel cuore rurale della Sardegna del 1880, è la notte del 31Copertina Il cuore selvatico del ginepro, Vanessa Roggeri ottobre, la notte delle animeddas, la “notte delle anime”. Assunta Zara sta per dare alla luce il suo settimo figlio, dopo sei femmine, e la superstizione locale già attribuisce a quel bambino poteri sovrannaturali. Ma quando a nascere è una bambina, con già tutti i denti e un accenno di coda alla fine della spina dorsale, la sentenza della levatrice è inappellabile: quella bambina è una coga, una strega. Compito del padre, Severino, è sbarazzarsene, perché non porti sciagura sulla casa, ma il ricordo della sesta figlia, morta pochi giorni dopo la nascita, ferma la sua mano già armata. La neonata viene lasciata in cortile, sotto un temporale, sperando che il freddo e la pioggia portino a termine ciò che Severino non è riuscito a fare. Ma Lucia, dieci anni, la più grande delle sorelle Zara, salva la bambina, riaccogliendola in casa e dandole il nome di Iannetta. La paura della maledizione impedirà a questo punto al resto della famiglia di uccidere Iannetta, ma non di tentare, in ogni modo, di dimenticarsi di lei, ignorandola, a volte insultandola, sopportando la sua presenza come quella di un animale molesto.

Il punto di forza del libro: è il talento narrativo della Roggeri, che avvolge il lettore come una musica, accompagnandolo in tempi e luoghi sconosciuti ai più. L’autrice non ha bisogno di lunghe descrizioni, e nemmeno di tradurre la parole in sardo che affiorano qua e là (per quanto in fondo al libro sia presente un glossario). È come se la storia si raccontasse da sola, attraverso le parole dei personaggi, lo sferzare della pioggia e la ferocia del sole, mentre il paesaggio scorre sullo sfondo, vivido osservatore e, anche lui, attore.

Perché leggere Il cuore selvatico del ginepro: perché è un libro che parla di magie antiche, anche se la vera magia è aver scoperto una nuova autrice italiana così capace. Perché è un libro che parla d’amore, tra sorelle e non solo, e lo fa in modo semplice e pulito, senza affettazione o inutili rielaborazioni. E perché è un libro che parla della Sardegna, dei suoi chiaroscuri, delle sue tradizioni, del suo fascino innegabile (e quindi il mio consiglio è di leggere anche il secondo libro di Vanessa Roggeri, “Fiore di fulmine”).

L’amore è un difetto meraviglioso, di Graeme Simsion

Genere: romanzo d’amore

“L’amore è un difetto meraviglioso”, prima esperienza editoriale dello sceneggiatore australiano Graeme Simsion, è un romanzo che è diventato un caso editoriale prima ancora della sua uscitaCopertina L'amore è un difetto meraviglioso, Graeme Simsion ufficiale. Conteso da varie case editrici, e pubblicato in Italia da Longanesi a inizio 2013, ha come protagonista Don Tillman, professore di genetica dell’Università di Melbourne. Tillman ha basato la sua vita su un efficiente pragmatismo e, con le stesse regole con cui ha impostato vita quotidiana e lavoro, decide di trovare la moglie ideale. Dà vita pertanto al Progetto Moglie, tramite un questionario che sottopone a ogni donna di sua conoscenza, per scoprirne fin da subito abitudini e preferenze. Ma si rende presto conto che il Progetto Moglie è destinato a fallire, e non solo per la rigidità del questionario. Nella sua vita entra infatti Rosie, conosciuta tramite l’amico Gene, che lo coinvolge nella ricerca del suo padre biologico, mandando anche all’aria la routine di Don, a metà tra schizofrenia e disturbo ossessivo compulsivo.

Il punto di forza del libro: è la descrizione del carattere di Don, pratico, asettico, spesso cinico, ma al contempo ingenuo e geniale. La bravura di Simsion sta proprio nel presentare un personaggio atipico, quasi sconcertante, e renderlo simpatico. Inoltre, le citazioni mediche, le nevrosi e le fobie di Don rendono il romanzo molto realistico, quasi fosse una autobiografia.

Perché leggere L’amore è un difetto meraviglioso: perché è un libro originale e molto ben scritto, con una storia divertente e plausibile pur nella sua singolarità. Da più parti è stato parlato di questo libro come di un’opera d’arte: forse i grandi capolavori della letteratura sono altri, ma “L’amore è un difetto meraviglioso” è comunque un ottimo libro, un libro sicuramente da leggere.

Firelight, di Sophie Jordan

Genere: young adult (fantasy)

“Firelight” é un romanzo young adult di Sophie Jordan, scrittrice conosciuta per i suoi romanzi rosa. Uscito per Edizioni Piemme nel 2011, é il primo di una trilogia. Jacinda é una draki, una razzaCopertina libro Firelight di Sophie Jordan mitica che discende dai draghi. I draki celano la loro esistenza dietro una forma umana, nonché vivendo in luoghi appartati sulle montagne, protetti dalla magia. Sono infatti perseguitati dagli esseri umani, che organizzano delle vere e proprie battute di caccia per stanarli. É durante una di queste che un gruppo di cacciatori si imbatte in Jacinda e nella sua amica Azure, le quali, contravvenendo alle regole del clan a cui appartengono, si sono trasformate in draki durante il giorno. Le due amiche riescono a mettersi in salvo grazie a un aiuto inaspettato, ma il clan vuole impedire a Jacinda di correre altri rischi. É infatti molto preziosa per i draki, essendo la prima, dopo circa quattrocento anni, a riuscire a sputare fuoco. Sua madre decide quindi di fuggire, per salvare Jacinda, e la gemella Tamra, dalla punizione del clan. In uno sperduto paesino del deserto credono di essere al sicuro, ma Jacinda, tra i compagni di scuola, ritrova uno sguardo che non pensava avrebbe più rivisto, una persona che le ha già salvato la vita e che ora potrebbe cambiargliela per sempre.

Il punto di forza del libro: é la solida struttura da romanzo young adult, con i temi che tanto piacciono a chi ha un animo romantico e fantasioso (l’amore “impossibile” e totalizzante, le famiglie in lotta, gli amici fidati, la magia). Con anche un po’ di originalità sul tema fantasy, dopo tanti vampiri e licantropi.

Perché leggere Firelight: perché, nonostante l’inversione dei ruoli tra i due protagonisti (meno scontata di quanto appaia nelle prime pagine), é un libro che consola chi si sente un po’ orfana di Twilight (e già il titolo é una promessa). E perché riserva qualche bella sorpresa, che spinge a leggere subito il secondo capitolo della serie, Vanish.

Un cane di nome Nat, di Greg Kincaid

Genere: romanzo di formazione

“Un cane di nome Nat” è un libro di Greg Kincaid, uscito in Italia nel 2008 per la Sperling & Kupfer. Protagonista è George McGray, che vive con la moglie e il più piccolo dei cinque figli, Todd, inCopertina libro Un cane di nome Nat una fattoria nel Kansas. Todd ha vent’anni e una leggera disabilità, che non gli impedisce però di coltivare il suo grande amore per gli animali. Per questo, quando sente alla radio che il canile locale chiede di adottare un cane per le vacanze di Natale, decide di coinvolgere non solo la sua famiglia, ma tutto il paese.

Il punto di forza del libro: è la semplicità della storia, che è raccontata con grazia e pacatezza. Il libro, frutto di fantasia, nasce come un racconto, e pur revisionato per ricavarne un romanzo, ne conserva lo stile, rendendo la lettura molto veloce.

Perché leggere Un cane di nome Nat: perché dopo un libro sulla magia del Natale e uno sul potere taumaturgico degli animali, eccone uno che mescola i due elementi. E perché è un libro scorrevole, delicato, un romanzo leggero, che parla di buoni sentimenti.

Il principe scalzo, di Laura Mancinelli

Genere: romanzo storico

“Il principe scalzo”, uscito nel 1999 per Einaudi, é un libro di Laura Mancinelli, scrittrice italiana famosa per i suoi romanzi storici (“I dodici abati di Challant”, “Gli occhi dell’imperatore”, “I treIl principe scalzo cavalieri del Graal”, solo per citarne alcuni). Il “principe scalzo” del titolo è Enrico IV, re di Germania e, in seguito, Imperatore del Sacro Romano Impero, scomunicato da papa Gregorio VII nel 1076. La scomunica pontificia dà il via ufficiale alla famosa “lotta per le investiture” e rischia di destituire di ogni potere Enrico. Per questo, nel gennaio del 1077, il re tedesco compie la penitenza richiesta dal papa per ottenere la revoca della scomunica: restare tre giorni e tre notti, vestito miseramente e a piedi nudi, sotto le mura della fortezza di Canossa. Ma la proprietaria del castello, la contessa Matilde, pur fedelissima al pontefice, offre segretamente riparo al re penitente.

Il punto di forza del libro: é la rielaborazione, in chiave romanzesca, di un fatto molto noto e di cui non si hanno notizie sicure. Si ritiene infatti che le fonti storiche siano di parte (papale) e che l’umiliazione di Enrico IV ne sia riportata ingigantita e inverosimile (sarebbe rimasto all’addiaccio tre giorni e tre notti, vestito solo di un saio, con il capo cosparso di cenere, in ginocchio, mentre nell’Appennino Toscano infuriava una bufera di neve). La Mancinelli riscrive il racconto, e la sua licenza poetica lo rende più realistico e avvincente. Il tutto senza rinunciare all’accuratezza storica, riuscendo a incastrare la sequenza (vera) degli eventi, con i sentimenti (sconosciuti ma, non per questo, necessariamente non veri) dei protagonisti.

Perché leggere Il principe scalzo: perché è un romanzo storico un po’ atipico, in cui le grandi battaglie restano sullo sfondo, gli intrighi non sono svelati, la passioni vengono taciute. La narrazione si sofferma maggiormente sulla figura del protagonista, di cui l’autrice immagina pensieri e carattere. L’Enrico IV della Mancinelli è un uomo profondo e riflessivo, a tratti dolente e ambiguo, un uomo che possiamo definire umano e moderno, ma solo se utilizziamo questi termini nella loro migliore accezione. “Il principe scalzo” è certamente un romanzo storico da leggere, così come tutti i libri di Laura Mancinelli.

Mors tua, di Danila Comastri Montanari

Genere: romanzo storico (giallo)

“Mors tua” è il primo libro di Danila Comastri Montanari in cui appare il personaggio di Publio Aurelio Stazio, anche se, per lo svolgersi della storia, non è il primo in ordine cronologico. UscitoCopertina Mors Tua, Danila Comastri Montanari inizialmente per Mondadori nel 1990, è stato riproposto successivamente da Hobby & Work, quando la saga, oggi arrivata al diciassettesimo episodio, aveva ottenuto un largo seguito di devoti lettori. Siamo nella Roma Imperiale di Claudio (42 d.C.), e Publio Aurelio Stazio è un giovane senatore che non disdegna gli agi e le belle donne. Ma l’incontro galante con l’affascinante Corinna rischia di metterlo nei guai: la fanciulla viene trovata morta e qualcuno potrebbe averlo visto entrare nella casa in cui è stata commesso l’omicidio. Sfoderando le sue doti investigative, e forte dei privilegi della sua carica, Aurelio indaga, aiutato dall’astuto, quanto impertinente, schiavo Castore.

Il punto di forza del libro: è dato dagli sfaccettati e molto umani personaggi di questo romanzo (e dei successivi della stessa serie). Aurelio è ricco e intelligente, ma cade (a volte anche volontariamente) nei trucchi messi in atto dallo schiavo Castore per estorcergli denaro. Dal canto suo, lo schiavo greco è uno scaltro imbroglione, che però riesce a conquistarsi non solo la fiducia del padrone, ma anche la simpatia dei lettori. Una caratterizzazione ricca e complessa, che aggiunge valore all’accurata ambientazione storica.

Perché leggere Mors tua: perché è facile affezionarsi ad Aurelio e anche a Castore, e appassionarsi alle loro vicende. In questo testo, come in altri della saga, le storie sono addirittura due: la prima, che dà il titolo al libro, e la seconda, più breve, in appendice: “Una filosofa per Publio Aurelio Stazio”. Per chi volesse seguire l’ordine cronologico delle vicende di Publio Aurelio Stazio, e non quello di pubblicazione dei romanzi, ecco l’elenco completo :

  1. Cave canem
  2. Morituri te salutant
  3. Parce sepulto
  4. Cui prodest?
  5. Spes, ultima dea
  6. In corpore sano
  7. Mors tua
  8. Scelera
  9. Gallia est
  10. Saturnalia
  11. Ars moriendi
  12. Olympia
  13. Tenebrae
  14. Nemesis
  15. Dura lex
  16. Tabula rasa
  17. Pallida mors

Si chiama Violante, di Rossana Copez

Genere: romanzo storico

“Si chiama Violante” è il primo romanzo di Rossana Copez, pubblicato nel 2004 da Edizioni Il Maestrale. Racconta diCopertina Si chiama Violante Violante Carroz, personaggio del Trecento sardo, antenata di una più famosa omonima, vissuta nel secolo seguente. É il 1383 quando Violante, dama alla corte di Barcellona, viene inviata da re Pietro IV di Aragona a reggere il feudo di Quirra, conquistato da suo nonno e lasciato senza eredi maschi dal padre. In una terra inasprita dal sole, dal vento e dalla prepotenza dei conquistatori, siano essi spagnoli, pisani o saraceni, Violante cercherà di conservare la sua sensibilità e delicatezza.

Il punto di forza del libro: è l’originale stile di scrittura della Copez, che pare arrivare direttamente dal passato, mantenendo però una fluidità moderna. Le notizie storiche su Violante sono scarne e l’autrice non vuole concedere molto spazio alla fantasia (se non forse con l’inserimento di qualche personaggio secondario). Il racconto è quindi breve e perde forse le caratteristiche di romanzo, per assumere quelle, altrettanto piacevoli, di una lunga poesia.

Perché leggere Si chiama Violante: perché chi conosce la zona della Sardegna che, da Cagliari, abbraccia Villasimius, sale lungo la Costa Rei e, lasciati a destra gli stagni di Colostrai, si addentra fino al Salto di Quirra, ritroverà gli stessi luoghi in questo libro. E, con le parole della Copez, arriverà quasi a sentirne i profumi, a vederne i colori, a riconoscere, negli abitanti di un tempo, l’anima dignitosa e onesta dei Sardi di oggi.

 

 

I tre giorni di Pompei, di Alberto Angela

Genere: saggio (storico)

“I tre giorni di Pompei”, libro di Alberto Angela uscito nel 2014 per Rizzoli, sta a metà tra un saggio e un romanzo storico. Il racconto dei fatidici “ultimi tre giorni di Pompei” si basa su precisi datiI tre giorni di Pompei storici e su famosi ritrovamenti archeologici, e ricostruisce puntualmente la vita di questa città (e della vicina Ercolano) così come si svolgeva nel 79 d.C.

Il punto di forza del libro: è la scelta di attenersi ai fatti accaduti e ai personaggi esistiti, nella giusta convinzione che possano rivelarsi per il lettore molto più appassionanti e interessanti della finzione letteraria. Di ogni abitante citato, Angela ripercorre la vita (e spesso la morte) così come gli scritti dell’epoca e i reperti ci raccontano. Se poi le certezze mancano, l’autore avanza caute e probabili ipotesi, proponendo parallelismi con episodi analoghi e motivando scientificamente ogni supposizione.

Perché leggere I tre giorni di Pompei: perché l’inconfondibile stile divulgativo di Alberto Angela fa di questo libro l’ulteriore riprova delle doti espositive dell’autore, unite, naturalmente, a competenze storiche, archeologiche e artistiche. La delicatezza, a volte la poesia, con cui Angela narra le ultime ore di vita di persone reali (non così diverse da noi come il tempo trascorso lascerebbe pensare) trasforma l’eccellente documentario in un testo di ottima letteratura.

E perché anche qui, come già detto per Quilici, è incoraggiante vedere come il successo di questo autore sia basato su capacità personali indiscutibili, che rendono questo libro (come già i precedenti) una lettura altamente consigliata.

La gatta che amava le acciughe, di Detlef Bluhm

Genere: saggio

“La gatta che amava le acciughe”, uscito nel 2007 in Italia per la Casa Editrice Corbaccio, è una raccolta di aneddoti sui gatti. Il suo autore, Detlef Bluhm, ha spulciato giornali e siti web, ricavandoneLa gatta che amava le acciughe notizie e curiosità sugli amati felini. Le ha poi riunite in un unico testo, verificandone la veridicità, nonché arricchendole con proprie conoscenze in materia ed esperienze personali.

Il punto di forza del libro: è il soggetto di questo simpatico libro, ossia il gatto. Che si imbarchi clandestinamente negli Stati Uniti per arrivare fino in Francia, che calchi le scene come un attore consumato, che scelga un’orsa come amica del cuore o che sia eletto Presidente dell’Ufficio per il Controllo dei Roditori, il gatto riesce sempre a conquistare un posto nella nostra vita e nel nostro cuore.

Perché leggere La gatta che amava le acciughe: perché alcuni aneddoti non sono solo sorprendenti, ma, come ci assicura Detlef Bluhm, anche sorprendentemente veri. E perché, anche se non é un romanzo, “La gatta che amava le acciughe” é un libro che si legge piacevolmente, ben scritto, ben argomentato e con una massiccia dose di amore e rispetto per il gatto, questo piccolo “capolavoro” (il copyright é di Leonardo da Vinci).

Cleo, di Helen Brown

Genere: autobiografia

“Cleo” è il primo libro di Helen Brown, uscito in Australia a fine 2009 e nella traduzione italiana, per Edizioni Piemme, già nel 2010. Nell’estate neozelandese a cavallo tra il 1982 e il 1983, Sam, ilCleo figlio maggiore dell’autrice, sta per compiere nove anni. Come regalo chiede di avere la gattina più piccola e spelacchiata della nuova cucciolata della vicina. Ha deciso di chiamarla Cleo. Ma, dopo circa un mese, Sam muore, investito da un’auto sotto gli occhi del fratello più piccolo, Rob. Quando la vicina si presenta per consegnare Cleo, ormai svezzata, alla sua nuova famiglia, la Brown vorrebbe rifiutarsi di prendere il gatto, ma il sorriso che vede sul volto di Rob la convince a tenerlo. L’affascinante prepotenza e l’empatia che contraddistinguono ogni gatto fanno lentamente breccia nel cuore ferito dell’autrice. Il dolore per la morte di Sam non passerà mai completamente, ma, anche grazie a Cleo, nella vita della Brown e della sua famiglia ci sarà di nuovo posto per la felicità.

Il punto di forza del libro: è il calore, umano e felino, che irradia da questo libro. Speranza, ottimismo e un po’ di magia sono gli ingredienti che spronano a continuare nella lettura anche quando gli occhi sono così annebbiati di lacrime da non distinguere più le parole sulle pagine.

Perché leggere Cleo: perché sarebbe un romanzo splendido, se non fosse una storia vera e, proprio per questo, ancora più incantevole e coinvolgente. La Brown tocca i nervi scoperti del dolore e lo fa con una delicatezza e una poesia rare. E anche qui, come nel caso del gatto Bob, sorge il dubbio che una parte del merito di questo bellissimo libro vada alla “magica” gatta Cleo, una gatta che l’autrice definisce “sciamana”.

Che bello essere noi, di Lella Costa

Genere: saggio (umoristico)

“Che bello essere noi” è un libro di Lella Costa, uscito nel 2014 per Edizioni Piemme. Ma potrebbe benissimo essere la trasposizione sulla carta di uno dei suoi monologhi a teatro, tantoChe bello essere noi l’appassionante verve dell’attrice milanese trabocca dalle pagine. Con la scusa di parlare di “noi” (donne), l’autrice tocca vari temi del nostro vivere, in cui il comune denominatore è proprio la figura femminile.

Il punto di forza del libro: è lo stile inconfondibile della Costa, la sua sorprendente capacità di trattare temi difficili con ironia e leggerezza e riuscire poi, allo stesso tempo, a lasciare tracce pesanti nelle coscienze di chi l’ascolta. Che parli di politica, di violenza o di Sex and the City, la Costa è sempre spiazzante, arguta e oltremodo illuminante.

Perché leggere Che bello essere noi: perché sposta la polvere – e le macerie – che nascondono subdole e quotidiane sopraffazioni, perpetrate in nome del “così si fa” e del “così si dice”; perché non è un libro “contro gli uomini” bensì un libro contro la stupidità (di un comportamento, di un modo di dire, del nome dato a un giocattolo, di un film di pochi anni fa o di un personaggio della mitologia greca). E perché fa ridere, ma tanto, soprattutto quando la Costa smonta, frase per frase, alcune famose canzoni italiane e ne dimostra l’irritante ambiguità.

Il tredicesimo dono, di Joanne Huist Smith

Genere: autobiografia

“Il tredicesimo dono” nasce da una storia vera, quella di Joanne Huist Smith e dei suoi figli, Benjamin, Nicholas e Megan. Pubblicato nel 2014, racconta di quanto accaduto all’autrice nei dodiciIl tredicesimo dono giorni che precedettero il Natale del 1999, il primo Natale senza l’amato marito Rick, morto due mesi prima. Il 13 dicembre la Smith si sveglia in ritardo e, mentre freneticamente corre fuori di casa per prendere l’auto, quasi non si accorge di una pianta di poinsettia (la tradizionale Stella di Natale) che qualcuno ha lasciato fuori dalla porta. L’autrice tenta di ignorarla, così annientata dalla perdita del marito da non avere nemmeno la forza di affrontare il Natale, con tutto il suo bagaglio di gioia e ricordi. Ma a questo dono se ne aggiungeranno altri undici, ciascuno corredato da un biglietto che riprende la canzone “The twelve days of Christmas”. Ad ogni regalo, portato da anonimi benefattori di cui l’autrice e i figli tenteranno di scoprire l’identità, la famiglia inizia lentamente a riprendersi, a farsi coraggio, a sorridere ancora.

Il punto di forza del libro: è il suo essere una storia vera, una storia dolorosa (e quindi che vi farà piangere) ma anche ottimista e commovente (e sorriderete e poi piangerete ancora di più).

Perché leggere Il tredicesimo dono: perché è un libro carico di speranza, scritto molto bene (la Smith è una giornalista), semplice e scorrevole. Un libro che possono leggere tutti, o meglio, che dovrebbero leggere tutti.

Della filosofia e dei gatti, di Federica Sgarbi

Genere: saggio

“Della filosofia e dei gatti”, di Federica Sgarbi, è uscito nel 2009 per Ugo Mursia Editore. È un libro un po’ atipico, un piccolo saggio, che mescola i gatti del canile di Ferrara con Kant, Schopenhauer,Della filosofia e dei gatti Pitagora e molti altri. Decisa a fare qualcosa per aiutare gli ospiti del gattile della sua città, l’autrice racconta dell’iniziativa da lei promossa: pubblicare sui giornali locali piccoli articoli, in poesia o in prosa, per presentare i gatti, che sono lì ospitati, a dei potenziali nuovi padroni (e mi si passi il termine, dal momento che stiamo parlando di gatti).

Il punto di forza del libro: è la facilità con cui la Sgarbi riesce ad accostare il pensiero profondo, e a volte complesso, di eruditi e filosofi, con le storie semplici, e purtroppo tristemente comuni, di gatti abbandonati. Ma anche la freschezza che permea tutto il libro, grazie ad originali aforismi (Non mi dispiace che il gatto rivendichi un proprio spazio. A patto che il suo spazio non sia il centro della mia schiena alle quattro del mattino – Maynard Good Stoddard), commenti di personaggi noti (Ho visto guarire più persone grazie alla compagnia di un gatto, di quanto non abbiano fatto tonnellate di medicine – Enzo Jannacci), battute divertenti (Uno scrittore senza un gatto é inconcepibile. Certo é una scelta perversa, perché sarebbe più semplice scrivere con un bufalo nella stanza, piuttosto che con un gatto. Si accucciano tra i vostri appunti, mordicchiano le penne e camminano sui tasti della macchina per scrivere – Barbara Holland) e pure conclusioni che fanno riflettere (Mentre non tutti coloro che abusano di un animale diventano serial killer, di fatto, qualsiasi serial killer ha precedentemente abusato di un animale – R. Lockwood).

Perché leggere Della filosofia e dei gatti: perché, così sospeso tra la cronaca di un gattile e le citazioni filosofiche, è un libro veloce e piacevole. Un libro che ci dimostra che anche attraverso l’amore per gli animali possiamo riscoprire il senso profondo della nostra umanità.

Vita di Pi, di Yann Martel

Genere: romanzo d’avventura

“Vita di Pi” è un romanzo di Yann Martel, uscito in Canada del 2001 e arrivato in Italia l’anno seguente. Diventato famoso per lo spettacolare film che ne è stato tratto, diretto da Ang Lee, si presentaVita di Pi come la biografia di un naufrago, raccontata attraverso le parole di questi e le spiegazioni dell’autore. Piscine Molitor Patel, ribattezzatosi solo “Pi” per sfuggire alle canzonature dei compagni di scuola, ha sedici anni ed è figlio del direttore dello zoo di Pondicherry, in India. Quando suo padre decide di vendere buona parte degli animali a degli zoo americani e di emigrare in Canada, si imbarca con tutta la famiglia su un mercantile giapponese, per attraversare l’Oceano Pacifico. Ma, al largo delle Filippine, la nave affonda e Pi è l’unico a salvarsi. Più precisamente è l’unico umano, perché sulla scialuppa con lui ci sono una zebra, un orango, una iena e Richard Parker, una tigre del Bengala. Rimasti a contendersi il posto più in alto della catena alimentare, Pi e Richard Parker instaureranno un rapporto misto di timore, amicizia e rispetto e affronteranno insieme le paure del mare e dell’anima.

Il punto di forza del libro: è il modo poetico e, allo stesso tempo, avvincente con cui Martel narra questa storia. L’autore, nella finzione del romanzo, ci dice subito di aver scritto il libro dopo aver parlato con Pi Patel. Il naufrago non è quindi annegato, né finito nelle fauci di Richard Parker e il finale è pertanto noto (per quanto nelle ultime pagine del libro si nasconda qualcosa di inaspettato). Eppure Martel crea un romanzo d’avventura degno di Stevenson, London o Salgari, con precise spiegazioni sulle tecniche impiegate da Pi per sopravvivere alla fame, alla sete e a Richard Parker.

A ciò, l’autore aggiunge la poesia, le riflessioni sulla vita e sulla religione. Curioso è il fatto che il libro sia uscito ufficialmente l’11 settembre 2001. Quasi a voler ricordare ai propri lettori che una convivenza tra religioni e popoli diversi è possibile, Martel presenta Pi contemporaneamente come induista, cristiano e musulmano, un uomo innamorato di un Dio che è forza, amore e fratellanza.

Perché leggere Vita di Pi: perché, come i grandi romanzi d’avventura del passato, aiuta a crescere. Infonde coraggio, ottimismo, speranza. E non importa se l’adolescenza è finita da un pezzo. Questo è un libro che va letto, ad ogni età.