Carolina dei delitti è uno di quei libri che ti capitano in mano per caso e, quando cominci a leggerlo, ti
rendi conto, una volta di più, che il caso non esiste. Perché la copertina è gradevole, elegante, pensata con cura, ma, in un’estate di copertine chiassose e colorate, magari non si nota moltissimo. Perché il titolo è perfetto, forse anche troppo perfetto, e bisogna leggere il sottotitolo per capire che parla di Carolina Invernizio. Perché, poi, Carolina Invernizio non è nemmeno un nome così conosciuto, relegato nella tipologia “scrittori di romanzi d’appendice” nelle reminescenze della scuola superiore. E poi lo apri e ti chiedi perché non avevi mai letto qualcosa di Lia Celi prima di questo libro e se ci voleva la Adriano Salani Editore (e chi sennò, parlando della Invernizio?) per capire che la Celi non solo è divertente, originale e fedele alla storia, ma, soprattutto, è un’eccellente scrittrice. Una scrittrice che racconta di un’altra scrittrice, Carolina Invernizio, autrice torinese che all’inizio del secolo scorso ammaliava la sue lettrici (ma anche molti lettori, che però non lo avrebbero mai ammesso) con titoli come Il bacio di una morta, Sepolta Viva, La donna fatale, … e che con i suoi libri riuscì a mettere d’accordo perfino il comunista Gramsci con il Vaticano, procurandosi dal primo l’epiteto di “onesta gallina della letteratura popolare” e dal secondo la messa all’Indice. Siamo nel 1911, Torino brulica di gente per l’imminente Esposizione Universale e niente deve gettare cattiva luce sulla città e sui festeggiamenti per i cinquant’anni dell’unità d’Italia; quindi, quando il famoso scrittore Emilio Salgari viene trovato morto in un bosco in collina, la polizia chiude velocemente il caso, classificandolo come suicidio. Ma il corpo “orribilmente squarciato da larghe ferite”, come scrive La Stampa del 26 aprile 1911, insospettisce Carolina, che decide, come l’eroina di un suo romanzo, di indagare.
Il punto di forza del libro. Voce narrante è Vittorina, che fu realmente sorella e collaboratrice della Invernizio e che, nel libro della Celi, fa da perfetto contraltare, con il suo atteggiamento sempre prudente e sobrio, all’esuberanza e all’impulsività di Carolina. Ne risulta quasi un racconto a due, in cui Vittorina spiega e Carolina agisce, e dove il lettore si trova fortemente coinvolto, quasi trascinato tra le strade di Torino e le colline circostanti, dentro i salotti e i manicomi, tra i sentieri nei boschi e i padiglioni dell’Esposizione. Il punto di forza del libro è proprio questa eccezionale capacità della Celi di piegare la storia “vera” alla sua narrazione romanzata, coinvolgendo la famiglia Lombroso e la famiglia Salgari, essendo al contempo fedele e pietosa, al punto di concedersi di “salvare” chi, nella realtà, non era stato possibile strappare a un destino segnato.
Perché leggere Carolina dei delitti: perché lo stile della Celi è leggero e fresco, e al contempo rigoroso e autentico; perché in un panorama letterario già troppo pieno di ogni sorta di commissari e investigatori, Carolina e Vittorina sono originali e simpatiche; e perché la buona letteratura italiana merita di essere letta e promossa, che sia del ‘900 o del 2023.

Ed è infatti un libro di cui non avevo mai sentito parlare, uscito in Francia nel 2008 e in Italia, per la Newton Compton, nel 2011, ma il titolo, e ancora di più il sottotitolo (Leonora e i misteri di Venezia) mi hanno subito attirato, forti dell’innegabile fascino della Serenissima. Protagonista è Leonora Agnela (sì, proprio Agnela) Immacolata, una giovane orfana abbandonata dalla famiglia al Convento delle Orsoline di Vicenza e improvvisamente riammessa in famiglia quando, nell’inverno del 1762, suo padre, il patrizio veneziano Cesare dalla Frascada, la richiama a Venezia. Leonora scopre quindi non solo di essere di famiglia nobile, ma anche che il padre, nella sua scalata alla carica di Doge, la vuole dare in sposa ad uno dei figli di Alvise Mocenigo, potentissimo senatore che può favorire la sua elezione. Ma le nozze non si faranno mai, perché Cesare dalla Frascada viene arrestato e portato ai Piombi e nessuno, tra la matrigna e i fratellastri appena conosciuti, ha intenzione di fare qualcosa per tirarlo fuori di lì. Leonora, aiutata dal precettore francese Monsieur de Rofinac, e da Flaminio dell’Oio, un cortesan che si dimostrerà meno cinico di quanto vuole dare a intendere, cercherà quindi di scagionare il padre, scoprendo segreti che riguardano sia la città lagunare, che la sua stessa famiglia.







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