La gatta che vedeva le streghe, di Stefania Conte

La gatta che vedeva le streghe è un romanzo del 2013 di Stefania Conte, già curatriceLibro La gatta che vedeva le streghe di Stefania Conte della collana “Gatti che…” per la Morganti Editore. La gatta del titolo è Zoe, una micia bianca e rossa che la protagonista, Ada Savorgnan, ha ereditato dalla nonna. In quanto psicologa per il Tribunale di Udine, Ada si vede affidata la perizia di Alice Covacich, arrestata per aver incendiato la pasticceria di Dolcino Dissapore. Alice ha trascorso tutta la sua giovinezza in un ospedale psichiatrico e, quando, per la donna, si profila l’ipotesi di un nuovo ricovero coatto in un istituto di cura, Ada la accoglie in casa sua. Alice ha più di una storia da raccontare, da quando, uscita dal manicomio, aveva fatto la pasticciera in Belgio per diciassette anni, a quando era tornata in Italia, per mettere a frutto la sua esperienza nel laboratorio di Dissapore. E ha anche un piccolo segreto, che la legherà per sempre ad Ada.

 Il punto di forza del libro: è Zoe, una gatta dotata di un magico fiuto per riconoscere le streghe, ma anche di una travolgente passione per la panna montata. Forse per il fatto di essere “opera prima” della Conte, il libro a volte è un po’ lento, a tratti verboso, con periodi ricchi e termini poco comuni. L’utilizzo di nomi evocativi per i suoi personaggi (come lo sleale pasticcere Dolcino Dissapore, il sincero panettiere Spezzalpane o l’apatico vicino di casa Mediocrino) ricorda comunque l’ottima letteratura di Roal Dahl. All’autrice va in ogni caso il merito di essersi messa in gioco e di aver saputo inserire qualche passaggio molto poetico, come quando fa dire ad Alice, nel momento in cui vengono trovati centodieci libri sotto il suo letto in manicomio: “Sono libri avuti in prestito dalla biblioteca dell’ospedale. I dottori me l’hanno permesso a patto che non li distruggessi. Nelle loro pagine ho messo a dormire la mia testa e la mia anima, per tenerle lontane dalla paura. Me le riprenderò quando mi dimetteranno. O prima di morire.” E poi, ad romanzo con protagonista un gatto, si perdonano tante cose.

 Perché leggere La gatta che vedeva le streghe: perché parla di gatti, e già questo sarebbe sufficiente. Ma anche perché è di una scrittrice italiana, e anche se non è un romanzo perfetto, è comunque un testo gradevole, che mescola felini, magia e ricette di dolci golosi. E, in fondo, pure perché l’utilizzo di qualche parola difficile, di qualche vocabolo desueto, di qualche sostantivo poco conosciuto, di sicuro male non fa.

Genere: romanzo fantasy

Cleo, di Helen Brown

Genere: autobiografia

“Cleo” è il primo libro di Helen Brown, uscito in Australia a fine 2009 e nella traduzione italiana, per Edizioni Piemme, già nel 2010. Nell’estate neozelandese a cavallo tra il 1982 e il 1983, Sam, ilCleo figlio maggiore dell’autrice, sta per compiere nove anni. Come regalo chiede di avere la gattina più piccola e spelacchiata della nuova cucciolata della vicina. Ha deciso di chiamarla Cleo. Ma, dopo circa un mese, Sam muore, investito da un’auto sotto gli occhi del fratello più piccolo, Rob. Quando la vicina si presenta per consegnare Cleo, ormai svezzata, alla sua nuova famiglia, la Brown vorrebbe rifiutarsi di prendere il gatto, ma il sorriso che vede sul volto di Rob la convince a tenerlo. L’affascinante prepotenza e l’empatia che contraddistinguono ogni gatto fanno lentamente breccia nel cuore ferito dell’autrice. Il dolore per la morte di Sam non passerà mai completamente, ma, anche grazie a Cleo, nella vita della Brown e della sua famiglia ci sarà di nuovo posto per la felicità.

Il punto di forza del libro: è il calore, umano e felino, che irradia da questo libro. Speranza, ottimismo e un po’ di magia sono gli ingredienti che spronano a continuare nella lettura anche quando gli occhi sono così annebbiati di lacrime da non distinguere più le parole sulle pagine.

Perché leggere Cleo: perché sarebbe un romanzo splendido, se non fosse una storia vera e, proprio per questo, ancora più incantevole e coinvolgente. La Brown tocca i nervi scoperti del dolore e lo fa con una delicatezza e una poesia rare. E anche qui, come nel caso del gatto Bob, sorge il dubbio che una parte del merito di questo bellissimo libro vada alla “magica” gatta Cleo, una gatta che l’autrice definisce “sciamana”.