I delitti di Whitechapel, di Guido Scardoli e Massimo Polidoro – pag. 349

I delitti di Whitechapel ha tutto quello che serve per essere un ottimo libro da leggere: è ambientato nella LondraI delitti di Whitechapel_Guido_Sgardoli_Massimo_Polidoro cupa e pericolosa del 1888 e, come lascia intendere il titolo, racconta dei misteriosi e spietati omicidi di Jack Lo Squartatore. Poi, è scritto a quattro mani da Guido Sgardoli, uno dei più apprezzati autori per ragazzi, già vincitore del Premio Andersen, e da Massimo Polidoro, divulgatore scientifico che si è conquistato sul campo fama, ma soprattutto credibilità, con il CICAP e con le sue indagini su presunti fenomeni paranormali e bufale varie. Se poi la protagonista, oltre a essere figlia di una delle vittime, è anche intraprendente e oltre modo moderna, ecco che ne esce una rivisitazione del leggendario serial killer londinese, in cui realtà e finzione si mescolano, dando vita a una storia nuova e che merita di essere letta. Sybil, che da qualche anno vive con la zia in campagna, viene richiamata a Londra da un telegramma: Scotland Yard le comunica che una delle vittime di Jack Lo Squartatore è la madre che l’ha abbandonata da piccola. Una madre che Sybil non incontra da molto tempo, ma che in realtà era andata a trovarla proprio a casa della zia qualche giorno prima di morire. Sybil non le aveva aperto e ora si chiede se avrebbe potuto salvarle la vita.

Il punto di forza del libro: troppo facile dire che è l’ambientazione, in una Londra dalla doppia anima che Sgardoli ricostruisce magnificamente. Eppure, scorrendo le righe de I delitti di Whitechapel, è forte la sensazione di passeggiare, accanto a Sybil, per le strade sporche e pericolose del tragicamente famoso quartiere dove si muoveva Jack Lo Squartatore. Ma a questa va aggiunta anche l’originalità della prospettiva, che ridà voce e dignità a quelle donne schiacciate dalla Rivoluzione Industriale. Donne e madri sole, la cui condotta, dettata spesso dalla necessità di sfamare i propri figli e che a volte non si spingeva oltre il fare lavori umili e pesanti, era considerata talmente indegna dal perbenismo popolare da pensare che la loro morte fosse “prevedibile“, se non addirittura “gradita”.

Perché leggere I delitti di Whitechapel: perché Sgardoli e Polidoro funzionano bene insieme e il libro, anche se prova, con precisione, a ricomporre le tante piste e le troppe ipotesi sul più cruento e sfuggevole serial killer della storia, è comunque veloce e piacevole. E perché la protagonista è una giovane donna che vuole capire e conoscere, senza arrendersi passivamente al ruolo che la società le ha affibbiato.

Genere: romanzo storico/giallo

Il club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey, di Mary Ann Shaffer e Annie Barrows – pag. 283

Il club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey è uscito in Italia prima per Sonzogno (con il titolo La Società Letteraria di Guernsey) e poi, nel 2017, per la Astoria Edizioni, che ha voluto tradurre letteralmente il titolo dall’inglese. E il titolo, per quanto originale, non è forse un punto di forza per consigliare questo libro agli amici durante una telefonata.

Altrettanto originale è la struttura del romanzo, uno scambio epistolare tra Juliet Ashton, giovane scrittrice che vive a Londra, il suo editore, Sidney Stark, e alcuni abitanti dell’isola di Guernsey, una delle Isole del Canale, sulla Manica.

Siamo nel 1946 e Juliet ha appena pubblicato una raccolta degli articoli satirici scritti per la rivista Spectator durante la guerra. Mentre sta cercando l’ispirazione per un nuovo libro, riceve una lettera da Dawsey Adams, un abitante di Guernsey, il quale ha comprato, di seconda mano, un libro che lei aveva venduto. Dalla corrispondenza con Dawsey prima, e con altri isolani dopo, Juliet scopre l’esistenza del “club del libro e della torta di bucce di patata”, ma soprattutto del difficile periodo trascorso sotto l’occupazione nazista.

Il punto di forza del libro: la struttura di romanzo epistolare di solito divide i lettori. E infatti inizialmente è necessario avere pazienza per ricomporre su un unico piano narrativo tutti gli accenni, i nomi, i riferimenti contenuti nelle lettere. Del resto, lettere con troppe spiegazioni suonerebbero poco realistiche e la magia che rende vivo un romanzo si dissolverebbe.

Quindi Il club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey non è subito emozionante come si vorrebbe, ma lo diventa poco per volta, arrivando però a coinvolgere il lettore, che non può non sorridere su alcune pagine e, anche, versare qualche lacrima.

Si potrebbe dire quindi che il punto di forza del libro è la sua originalità, che non lo rende facile, ma di sicuro interessante.

Perché leggere Il club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey: perché è, indirettamente, ambientato nella Seconda Guerra Mondiale, di cui parla con il rispetto che meritano sia i vincitori che i vinti; e perché racconta esempi di solidarietà e di sacrificio in modo lieve e quotidiano, ricordando che tutti possono essere eroi, tutti i giorni.

Genere: romanzo epistolare (d’amore/storico)

La felicità del cactus, di Sarah Haywood – pag. 359

La felicità del cactus (titolo che, pur richiamando quello originale, “The cactus”, in italiano suona orribile) è il primo romanzo di Sarah Haywood, uscito in Italia nel 2018 per Feltrinelli. Protagonista è Susan Green, tranquilla quarantacinquenne con un impiego pubblico, un appartamento a Londra, una madre a Birmingham che vede poco e un fratello che vorrebbe non rivedere mai più. La sua vita è serena e prevedibile, perfettamente organizzata e soddisfacente, almeno finché qualcosa non inizia ad andare storto. Tentando di ignorare alcuni cambiamenti e di combatterne degli altri, Susan dovrà lei per prima cambiare, mantenendo sì le sue spine, come i cactus che tanto ama, ma imparando anche a fiorire.

Il punto di forza del libro. Il punto di forza di La felicità del cactus è anche l’aspetto che si è attirato qualche critica. Susan infatti può apparire antipatica, fuori dal mondo, addirittura irreale per il fatto di non usare i social network, di non voler familiarizzare con i colleghi di lavoro e, soprattutto, di essere estremamente gelosa della sua privacy. Posto che persone come Susan esistono veramente (chiunque ne conosce almeno una), è proprio questo suo essere particolare che ne fa un personaggio originale e interessante. La Haywood ha quindi creato una protagonista autentica, che evolve in modo credibile nel corso del romanzo e, proprio per questo, sa farsi apprezzare dal lettore, pur con le sue buffe idee sulla moda o sui rapporti interpersonali.

Perché è un libro da leggere: perché La felicità del cactus è scritto in maniera fluida e scorrevole, ed è divertente seguire le vicende di Susan, avanti e indietro tra Londra e Birmingham, mentre tenta di venire a capo degli imprevisti, anche molto piacevoli, che le sono capitati. E perché bisognerebbe imparare da Susan, ad esempio a usare di più la razionalità, invece di ragionare solo “di pancia”, e magari anche a infischiarsene di quello che pensano gli altri di noi e soprattutto a dedicare più tempo alla vita reale.

Genere: romanzo d’amore